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Un grandissimo grazie ad Andrea Metropolitano per aver reperito parte del materiale presente in questa pagina.

Ciao 2001, 1976

Cenerentola è una ragazza di Milano
ALBERTO CAMERINI, UN NOME GIÀ NOTO NEGLI AMBIENTI DEL MOVIMENTO GIOVANILE MILANESE, ESORDISCE IN QUESTI GIORNI IN PROPRIO CON UN ALBUM DI « FAVOLE URBANE », MUSICALMENTE LEGATO AL ROCK ELETTRICO E AI RITMI SUDAMERICANI.

    Nella ristretta schiera dei nuovissimo cantautori italiani, il nome di Alberto Camerini è forse uno di quelli che parte con alle spalle garanzie parecchio promettenti. Piuttosto giovane di età (è nato a San Paolo del Brasile nel 1951), risiede a Milano dal '63, e frequenta tuttora, al Politecnico, la facoltà di Architettura.
    Come nome, Camerini non è nuovo alle cronache musicali: chitarrista, egli è cresciuto insieme al movimento giovanile-alternativo che è andato sviluppandosi a Milano intorno al nucleo della rivista Re Nudo e dei circoli del proletariato giovanile. Del suo apporto si sono avvalsi parecchi musicisti le cui matrici si riconoscono nel movimento milanese, primi tra tutti gli Area ed Eugenio Finardi. Proprio con Finardi, anzi, e insieme ad altri nomi oggi noti come Claudio Rocchi e Donatella Bardi, Alberto Camerini esordì professionalmente in proprio con il gruppo Il Pacco, nel 1972.
    Benché componga canzoni fin da quell'epoca, Camerini ancora per parecchio tempo non si è sentito pronto, per eccesso di scrupolo, ad incidere dischi in proprio. Dal 1972 a oggi si è invece immerso nella vita del movimento milanese e alla sua evoluzione politica e di costume, che coincide poi con una più vasta situazione giovanile rintracciabile in tutti i grossi centri urbani d'Italia. Nel frattempo, ha partecipato con sincera convinzione ai dischi dei suoi amici, si è esibito in tutte le feste di Re Nudo: all'ultima di esse, quella del Parco Lambro durante la scorsa estate, ha presentato un lavoro per banda magnetica e chitarra che ha suscitato un certo interesse.
    Lo scorso maggio, ha sentito che queste esperienze gli consentivano finalmente un favorevole momento psicologico per esordire su vinile: ha fatto uscire infatti un singolo (« Pane quotidiano », « In giro per le strade »), in cui alla spontanea immediatezza dei testi molto realistici e partecipati, si abbinava un gusto musicale dolce e rifinito, ispirato ai ritmi brasiliani, che hanno punteggiato la sua prima adolescenza.

   CENERENTOLA NELLA METROPOLI
    Qualche giorno fa, Alberto Camerini è venuto a Roma per presentare alla stampa il suo primo album « Cenerentola e il pane quotidiano ». Tale titolo esemplifica con una certa chiarezza le caratteristiche che, sotto aspetti differenti, si ritrovano alla base del movimento milanese: la fiaba, spogliata dei suoi aspetti mitici e usate simbolizzare situazioni reali e quotidiane: e il collegamento con la realtà, con la concretezza della gente, in particolar modo con l'angoscia e l'alienazione della sopravvivenza individuale nell'area metropolitana.
    Tali matrici si risolvono, in Camerini, attraverso una musica molto cesellata, ballate acustiche e brani elettrici che recuperano frenesie e ritmi attraverso i colori del samba, e l'aggressività del rock urbano. La sofisticazione farmaceutica (nella incisiva « Droga »); l'apparizione di gruppi extraparlamentari (nella movimentata « Ballata dell'invasione degli extraterrestri »); il condizionamento della televisione e degli altri mass-media in generale (nello spumeggiante « collage » molto sudamericanizzante di « La straordinaria storia dell'invenzione della televisione », e nella sarcastica ballata « TV baby (gli eroi della televisione »); l'occupazione delle case (nell'intensa e poetica « S. Marta », ispirata da una sua diretta esperienza: egli tiene infatti lezioni gratuite di chitarra a giovani di un complesso di case occupate); la situazione giovanile e i suoi problemi concreti di inserimento in una società spersonalizzata e ostile (in « Pane quotidiano » e nella provocatoria « Sicurezza »); questi i temi trattati, scaturiti da una personale partecipazione dell'autore a tutte le realtà descritte con vivida intensità poetica, nelle feste di quartiere, nelle fabbriche, nei festival giovanili. E l'ultimo lungo brano della raccolta, « Cenerentola », è una concitata frenetica, « favola urbana », la storia di una ragazza come tante, sballottata nelle insicurezze e nelle favole false dell'esistenza quotidiana; con un finale, molto spiritoso, che satireggia con eleganza la moda dilagante della canzoncina erotica, oggi in auge anche da noi.
    Insomma, è l'esordio di un discorso, tematico e musicale, che suscita senz'altro un solido interesse. Senz'altro. Alberto Camerini ha tante cose da poterci dire, se sapremo ascoltarlo e capirlo con la sua stessa carica di genuina sincerità.

Manuel Insolera


Nuovo Sound, 1976

Musica socializzante

Milano è una metropoli europea, una megalopoli in embrione, con lo squallido panorama dl periferie che si dilatano in un febbrile e caotico processo di appiattimento fra città e cittadine, fabbriche e cascinali, vie di comunicazione e poche campagne. Un grande agglomerato brulicante di mille coree', in cui ogni giorno arrivano persone ancora oppresse da atmosfere morali vecchie di secoli, e di gente che vegeta la sua routine quotidiana, tra posto di lavoro e casa, mezzo di trasporto pubblico e posto di lavoro, mezzo di trasporto pubblico e casa...
    Ma a Milano c'è anche chi quotidianamente opera per una sempre maggiore integrazione della popolazione nel contesto sociale della città. Fra questi e Alberto Camerini, venticinquenne chitarrista ben noto nell'ambiente musicale milanese, dove esordi professionalmente con il gruppo 'll pacco' insieme a Donatella Lardi ed Eugenio Finardi. Oggi si presenta alla ribalta nazionale con un primo disco solo, 'Cenerentola e il pane quotidiano', ed il preciso intento "di trasmettere informazioni su ciò che succede a Milano, Cosi come nelle principali città italiane, di far capire che esistono delle situazioni nuove e di farle analizzare e comprendere".
    "La nostra arte è al servizio della masse popolari affinché possano servirsene"
- Mao Tse Tung
    La ricerca del 'come fare cultura popolare' è un problema molto sentito da Alberto, convinto che "il teatro popolare spontaneo, il mimo e il pagliaccio, sono stati sostituiti, con l'avvento dei mass-media, dal rock'n'roll, dallo spettacolo che offre dal palco il rockman, come hanno dimostrato Alice Cooper, Lou Reed e David Bowie, toccando delle punte estreme".
   
La canzone diventa cosi la fiaba moderna, che non è più 'veicolo di espressione atto alla trasmissione di modelli comportamentali', bensì specchio ironico e sfaccettato di una realtà di cui è necessario capire la novità. Riappare il cantastorie, richiamato anche da certi titoli ('La straordinaria storia dell'invenzione della televisione', 'La ballata dell'invasione degli extraterrestri'), che da portatore di poesia popolare legato al mondo contadino si trasforma in elettrico cantore del mondo metropolitano in evoluzione.
    "L'esistenza di un mondo dell'arte separato dalla società, è socialmente determinata" - Karel Teige
    "La musica oggi è naturale si presenti come una sintesi di tutti gli stimoli e le informazioni cui siamo continuamente sottoposti", ci ha detto Alberto giustificando la varietà eclettica della sua musica. L'esperienza ritmica del funky jazz, meravigliosamente tradotta in italiano dal batterista Walter Calloni, la dimensione folclorica disegnata dal folleggiante violino di Lucio Fabbri e l'esperienza solare ed ariosa del samba e della canzone brasiliana (Alberto vi è nato e vissuto fino al '63) sorreggono con vibrante corposità armonie e melodie dettate dalla volont3 di creare una musica realmente socializzante. I testi, immersi nell'ironia bonaria di chi conosce la drammaticità del proprio discorso, sono ricchissimi, "pieni di parole che dicono quello che dicono, tratte dal linguaggio parlato", con una tensione poetica molto forte, con una chiarezza priva di metafore. Si parla ovviamente degli extraparlamentari, delle case occupate, della droga e dei media, in un continuo rapporto fra l'invadenza della realtà metropolitana e l'individuo alla ricerca di un suo status non alienato.
    Un'operazione culturale chiara, di cui vanno precisate alcune direzioni laterali, che si disperdono un poco in questo primo bellissimo album, curato nei minimi dettagli sotto l'attenta produzione di Paolo Tofani, chitarrista-sintetista degli Area.

Raffaello Carabini


Il Monello, 1978

Altro cantautore che merita di essere ascoltato con attenzione è Alberto Camerini. Nato a San Paolo del Brasile, Alberto si ispira spesso alla musica del suo paese.

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Più complessa la personalità di Alberto Camerini, un compositore e cantante più . rock. e molto versatile. Nato a San Paolo del Brasile, Camerini ricorda spesso la musica del suo paese, sia molto esplicitamente, sia sottilmente anche nei brani formalmente lontani da quel mondo. Il mondo del Camerini di oggi, però, è quello,vivissimo e ricchissimo di una certa gioventù milanese, attentissima alla realtà che ci circonda. Il disco, già uscito da qualche tempo, si intitola « Cenerentola e il pane quotidiano » e ve ne elenco solo alcuni titoli molto significativi: « La ballata dell'invasione degli extraterrestri », « Maracatù », « Sicurezza (Paura della libertà) », « Droga (La medicina che tira su) », « La straordinaria storia dell'invenzione della televisione a colori », « Tv Baby (gli eroi della tv) » e, naturalmente, « Cenerentola » e « Il pane quotidiano ». Anche qui c'è la simpatica amicizia di Camerini con Eugenio Finardi, altra grossa personalità della nuova canzone. L'etichetta è la RCA che punta molto sui cantautori.

Renzo Arbore


Ciao 2001, 1978

Gelato Metropolitano, folk sudamericano

    Di Alberto Camerini, brasiliano di nascita e milanese di adozione, si cominciò a sapere qualcosa di ufficiale, dopo un attivo periodo nell'ambito dell'underground meneghino, quando prese a collaborare con Finardi sia a livello musicale sia nella realizzazione di strisce umoristiche che potremmo definire di « esasperazione politica ».
    Si fa immediatamente notare come chitarrista valido ed inventivo, ma lui stesso afferma: « Sui dischi di Eugenio rendo un decimo di quanto in realtà io sia in grado di fare »; infatti non ci vuole molto per accorgersi che Alberto possiede una personalità tanto prorompente da essere parecchio sacrificato nell'angusto ruolo di accompagnatore ed il suo primo album solo « Cenerentola e il pane quotidiano » ne è una conferma. In questa sede una certa fantasia compositiva e tematica si sposa ad una forma tecnica immediata ma, al contempo, agile e fine; in particolare fa piacere ascoltare una moderna e spigliata atmosfera tipica della terra d'origine di Alberto, cosicché, sia nella ballata metropolitana sia nel rock più tradizionale, emerge sempre il riguardo del musicista verso un interessante discorso ritmico.
    Decido di incontrarlo in occasione dell'uscita del suo secondo Long Playing « Gelato metropolitano » che si presenta anche come pretesto per parlare del « giro » milanese, dell'attività di Alberto al di fuori del semplice disco e di tante altre cose.
    2001: Cosa vuol dire Finardi quando parla di scuola milanese come unica scuola realmente originale nell'ambito della musica italiana?
    A.C.: « Temo che voglia riferirsi a quello che fa lui, ma lì non vedo nulla di italiano, siamo sempre in un tentativo di jazz-rock che, peraltro, si ascolta già in altre occasioni, se invece parli di Gufi, Jannacci o Gaber posso essere d'accordo, ma non credo che lui abbia qualcosa a che vedere con questi nomi ».
    2001: Tu, anche se sei nato in Brasile, vivi a Milano da tanto tempo e parli correttamente milanese, ti senti forse legato a questa scuola?
    A.C.: « Non è che mi piaccia molto il concetto di "scuola" ma se proprio devo appartenere ad una, opto per quella brasiliana e non per patriottismo ma perché effettivamente ho sempre recuperato ritmi ed atmosfere della mia terra. Forse non l'ho dimostrato interamente nel primo album, ma in "Gelato metropolitano" direi che non c'è nulla oltre il Brasile.
    2001: Eppure « Cenerentola » lasciava presupporre un rock abbastanza fantasioso in cui tu potevi lavorare benissimo nella tua più naturale dimensione di chitarrista.
   
A.C.: « Forse tu puoi avvertire come una frattura tra il rimo ed il secondo disco, ma io, come autore, ho maturato questa decisione in maniera progressiva e, da un punto di vista pratico, l'ho realizzata sviluppando particolari situazioni acustiche che erano anche in "Cenerentola". Insomma, volevo essenzialmente fare un disco popolare e credo di esserci riuscito perché "Gelato metropolitano" arriva soprattutto ai bambini e questo per me è un fatto fondamentale; probabilmente è così perché racconto delle favole, che , ovviamente, non sono prive di significato. Per quanto riguarda in particolare le musiche non ho difficoltà a dirti che ho recuperato autentiche e tradizionali armonie brasiliane perché sono molto belle e poi mi hanno permesso di dedicarmi con cura maggiore alla scrittura dei testi che, nel mio ultimo disco, sono la componente più importante. Credo di essere diventato un cantautore a tutti gli effetti, hai presente Vecchioni, Guccini e De Gregori? »
    2001: Indubbiamente è una cosa interessante, ma credo che, in fondo, un bravo chitarrista « elettrico » come te soffra un po' in una dimensione che senz'altro ti permette una rilevante utilizzazione della chitarra acustica, ma che ti toglie la caratteristica grinta del rock.
    A.C.: « Sì, lo so, specialmente in questo periodo in cui c'è un grosso ritorno alle forme più istintive sento la voglia di fare delle cose in questo senso. A te piace il punk-rock? »
    2001: Molto, perché?
    A.C.: « E credi che a me non piaccia? Accidenti sono stato recentemente a Londra e mi sono girato tutti i pubs in cui suonano miriadi di gruppetti conosciuti e non, mi sono comprato distintici, occhiali neri e scarpe da tennis da punk-rocker, accidenti, mi va di suonarlo e come! Ma come faccio, ho dei problemi economici che non posso non calcolare. Tu pensa che se avessi un gruppo ci sarebbero delle spese che non potrei sostenere nemmeno se provassi a chiedere un compenso elevato; invece da solo con la chitarra chiedo centocinquantamila lire che è il minimo, e posso suonare dappertutto, è un equipaggiamento rivoluzionario, da guerriglia ».
    2001: Questa è la tua strada definitiva
    A.C.: « Come discorso sì, per quanto riguarda la musica ho già spiegato il mio condizionamento a problemi economici ed è inutile che faccia un disco con cinque o sei strumenti se poi, dal vivo, non posso riprodurre il lavoro. Naturalmente spero che questa situazione cambi perché a me andrebbe di fare anche un certo tipo di spettacolo in quanto la musica è anche questo e poi perché il mio segno segreto è quello di diventare una rock-star, non scherzo; una cosa che proprio non mi va già nella musica italiana è che nessuno cerca di diventare un personaggio, secondo me non è una cosa sbagliata; non credo che rock-star sia sempre sinonimo di stronzo ».
    2001: È uno sfogo al "soffocamento" di Finardi?
    A.C.: « No, queste son cose che ho sempre pensato, comunque è innegabile che con Eugenio stavo correndo il rischio di diventare il "suo" chitarrista e in realtà siamo troppo diversi, lui, ormai, è convinto di essere arrivato, si sente padrone del pubblico, è autorizzato a fare quello che vuole. Per dovere di riconoscenza però devo riconoscere anche ciò che di buono mi è provenuto dalla collaborazione con Eugenio ».
    2001: C'è qualche artista italiano che ritieni particolarmente interessante?
    A.C.: « Non so che dirti, forse non riesco ad essere obbiettivo... ad esempio so che il Banco del Mutuo Soccorso è molto quotato, ma mi sembrano i Gentle Giant e a me questi non sono mai piaciuti. Ma il fatto è che in Italia si cerca sempre di mettere avanti discorsi, impegni, messaggi e si perdono di vista la presenza e la carica; che ti devo dire, a piacciono i Deep Purple, gli Uriah Heep e in Italia non abbiamo nulla del genere ».
Enrico Gregori

Ciao 2001, 1978

ALBERTO CAMERINI
Gelato metropolitano
(Cramps)

(M.I.) - Il secondo album del cantautore milanese (ma nato in Brasile) Alberto Camerini, dopo l'interessante prima esperienza del LP « Cenerentola e il pane quotidiano », mostra purtroppo un passo indietro (non nei testi, sempre validissimi ma bensì nella costruzione musicale; che non può non dispiacere. La dimensione di Camerini è quella del menestrello, che con linguaggio spigliato e satirico affronta, in chiave favolistica, alcuni tra i più scottanti problemi della vita urbana contemporanea, primo fra tutti quello dell'emarginazione: ebbene, se nel primo album, a livello musicale, questi contenuti erano modernamente e organicamente espressi attraverso la forma della ballata elettrica, in questo suo nuovo LP la forma ritorna a livelli soltanto acustici. Il che, intendiamoci, non sarebbe in sé stesso un male, se non fosse che, nel caso specifico di Camerini, la dimensione soltanto acustica scopre una sostanziale povertà di inventiva musicale: tutti i brani appaiono, musicalmente, piuttosto piatti e monocordi, un semplice schematico sostegno ai testi (i quali, invece, sprizzano tutti vivacità e intelligenza). Il che dimostra, ancora una volta, che non tutti possono essere dei Bob Dylan (capaci, cioè, di costruire canzoni musicalmente validissime con i soliti tre o quattro accordi. I testi, come dicevamo, sono invece caustici e validi: dall'autobiografica « Alberto », al ciclo della giungla con riferimenti all'attuale società urbana, composto da « Alì Babà nella giungla », « La (s)ballata delle Amazzoni » e «Canzone della Bahia », alla mordente e corrosiva « L'arrivo di Mao Tse Tung in Paradiso », ai due brani migliori: « Nembo Kid e Baby lavatrice » e « Gelato metropolitano », uscita anche su singolo, che sono due favole urbane degne della « Cenerentola » del primo LP. Alberto Camerini, se curerà maggiormente le parti musicali, ha tutte le carte in regola per diventare un cantautore significativo nell'attuale panorama italiano. Ha prodotto il disco Ares Tavolazzi degli Area.


Nuovo Sound, 1978

Il privato è politico?
Presentiamo il secondo lavoro di Alberto Camerini, 'Gelato metropolitano'. Abbandonata la dimensione elettrica del primo LP in favore di una più acustica, curata e funzionale.

Torniamo a parlare di e con Alberto Camerini, in occasione del suo secondo album, 'Gelato metropolitano', che uscirà a giorni per l'etichetta milanese Cramps. Se dal primo lavoro, 'Cenerentola e il pane quotidiano', avevamo parlato in termini di musica socializzante, creata nell'intento di una sempre maggior integrazione della popolazione nel contesto sociale, questo secondo, di cui abbiamo ascoltato in anteprima un nastro dal missaggio ancora approssimativo, seppur sufficientemente esplicito, può essere messo a fuoco come 'musica per il movimento'. Diciamo meglio che questo lavoro deve essere considerato come una piccola parentesi all'interno del lungo discorso che va portando avanti, dalla fine degli anni '60, l'associazione giovanile di sinistra. Come ogni parentesi serve a contenere delle affermazioni che, pur essendo estrapolabili dal discorso generale, lo specificano, lo sottolineano, sono chiarificazioni, divertissements, esclamazioni, flashes, ricordi, ecc.
   La parentesi dettata da Camerini, che da tempo è inserito nella dimensione e nell'attività di gruppi sociali, è fatta di narrazioni didascaliche e favolistiche, in cui la vecchia morale è ribaltata a favore di un "incitamento alla resistenza, non alla violenza, Contro tutti i problemi, i blocchi e le difficoltà che oggi le organizzazioni, più o meno militanti, della sinistra trovano sulla loro strada". Il discorso è aperto e concluso con due brani, 'Alberto' e 'Gelato metropolitano', che vogliono servire a presentare l'autore autobiograficamente e musicalmente, sulla scia del principio 'il privato è politico', la cui cartella clinica marca sempre più preoccupanti sintomi di arteriosclerosi.
   Dopo 'Alberto', che parla della sua nascita brasiliana con le esperienze di strada-mare-giochi-canzoni-calcio, "qui spiego a me stesso perché faccio le mie azioni secondo un certo cliché", segue un trittico, che Occupa il resto della first side, costruito su storie della 'giungla'. Una foresta vergine amazzonica che confina direttamente, si mescola confondendosi e sovrapponendosi, alla giungla d'asfalto di cemento d'inquinamenti di delinquenza che ci viene incontro ogni qualvolta varchiamo la soglia di casa, che ci penetra nelle orecchie, negli occhi e nel cervello insieme all'aria che respiriamo. Camerini non cerca di esorcizzare i problemi: 'Ali Babà nella giungla','La (s)ballata delle Amazzoni' e 'Canzone della Bahia' giungono a bersaglio proprio nel momento in cui l'autore non si identifica in nessuno dei suoi personaggi, ma si limita al suo ruolo di narratore, interessato e partecipante, che sigla la sua loquacità con melodie popolari brasiliane, percussioni nordafricane e archi europeizzanti. Sogni, guerriglieri, ballate, sequestri, uccelli (ma sono volatili o il gruppo anarchico penetrato nel parco della villa di Moravia? ), fiumi inquinati, centrali nucleari si susseguono stratificati nella ricerca "di sperimentare il proprio sviluppo cerebrale e gli strati della coscienza confrontandosi, attraverso la dimensione del cantastorie, con la realtà metropolitana ed i problemi del movimento".
   La seconda facciata, pur meno compatta, offre altri quattro episodi ricchi di fantasia capacità comunicativa, ironia ed anticonformismo. 'L'arrivo di Mao-Tse-Tung in Paradiso', ricomposta su una canzone del carnevale di Rio, radicalizza ancor di più la critica sociale e vuol essere una spinta, passando attraverso la denuncia sottile degli slogans delle Brigate Rosse, ad una sempre più unitaria organizzazione delle masse giovanili. 'Bambulé', con uno splendido intervento della voce di Caramella, e 'Nembo Kid e Baby Lavatrice' sono i brani che maggiormente riportano alla mente, per il collage dada-onomatopeico ed il pungente sarcasmo con cui viene affrontata la critica del malcostume e dei falsi miti, la 'Cenerentola' del primo lavoro. Cosi, 'Gelato metropolitano', già uscita in assaggio su 45 giri, è palese continuazione del noto 'Pane quotidiano' e vuol essere una specie di sommario scherzoso della composita ispirazione dì Alberto.
   Musicalmente si è voluta abbandonare una certa dimensione elettrica in favore di una più acustica, curata e funzionale, con i pochi collaboratori, Lucio Fabbri, Ares Tavolazzi e Robi Haliffi, sempre felicemente coinvolti nella dimensione caleidoscopica del lavoro. È, comunque, "musica costruita in riferimento ai concerti, che faccio con solo due chitarre acustiche e le percussioni, cioè musica povera, di cui ci si può facilmente impossessare per riprodurla e servirsene". Il tutto nella convergenza di spunti brasiliani ed arabo-africani, conditi dalla colonna sonora della nevrosi metropolitana: il rock'n' roll.

Raffaello Carabini

Ciao 2001 n. 31, 3 Agosto 1980

ARLECCHINO SPOSA UN COMPUTER
ABBIAMO INTERVISTATO IL CHITARRISTA E CANTANTE MILANESE. LA SUA IMMAGINE DI ARLECCHINO INSERITO IN UNA REALTÀ NUOVA, URBANA E ELETTRONICA

MILANO,
Le canzoni di Alberto Camerini, la sua musica hanno subito una certa trasformazione in questi ultimi due-tre anni. Nato come cantautore elettrico, primo tra i rappresentanti di quel rock metropolitano, espressione vera di una città come Milano, è passato ad un suono molto più legato all'elettronica, ai mondi di plastica del futuro e per lui anche del presente. Camerini si può dire abbia vissuto con intensità e sensibilità gli ultimi dieci anni della musica, prima pop e poi rock italiana.
    Nato come chitarrista ha in seguito cercato di sviluppare anche la propria voce, ha cercato di emergere individualmente. Nascono così i primi album, "Cenerentola e il pane quotidiano" e "Gelato metropolitano". Questo si potrebbe definire il periodo di Camerini cantautore, il periodo forse più autobiografico e realistico. Poi arrivano i momenti più elettrici e fantastici che hanno inizio con "Comici cosmetici".
    Ora Camerini sembra inseguire sempre più questa sua seconda fase: l'uomo che ha di fianco un computer e non lo disprezza ma lo usa, si allea. La sua nuova figura è quella di un Arlecchino proiettato ai tempi nostri, un'immagine che entra a far parte anche del nuovo LP che sta finendo di registrare e che uscirà probabilmente a settembre. È anche un cambiamento di casa discografica e quindi di un nuovo entusiasmo e interesse alla sua musica.
    Lo incontriamo al Mulino dove assieme all'arrangiatore Roberto Colombo (lui lo chiama scherzosamente Moroder) sta dando gli ultimi ritocchi al disco.
TEMPI MODERNI
    Ciao 2001: Qual'è il progetto musicale di questo nuovo LP?
    A. Camerini: Arlecchino rock elettronico, questo è in sintesi il progetto musicale di questo lavoro che dovrebbe intitolarsi "Tempi moderni!"
    Ciao 2001: Di cosa trattano le canzoni?
    A. Camerini: Le canzoni girano attorno al personaggio di Arlecchino, che io rappresento, perché trovo che questo sia un personaggio italiano tipico anche della tradizione popolare, interessante, originale in confronto al rock d'importazione che ci arriva.
    Ciao 2001: Che unione c'è tra Arlecchino e l'elettronica?
    A. Camerini: L'Arlecchino del 1980 è elettronico. L'Arlecchino significava la maschera dell'attore popolare giovane, colui che rappresentava non il bello, ma il servitore, la persona comune.
    Ciao 2001: Ma come mai la scelta proprio di questo personaggio?
    A. Camerini: Mi ha interessato per varie ragioni: un po' perché me lo sono trovato addosso, è un personaggio al quale mi sento molto simile. Anche Arlecchino suonava, cantava, ballava, era sempre in movimento.
    Ciao 2001: hai fatto quindi anche degli studi sul personaggio?
    A. Camerini: Ho trovato dei libri e ho cominciato a studiare la storia dei comici italiani del '600. Era il periodo in cui la commedia dell'arte ha avuto il suo maggior trionfo, la sua maggior espansione. In quell'epoca gli attori italiani ebbero un grande successo in Francia tanto più che influenzarono anche il teatro francese e quello spagnolo. Visto che io ero interessato a costruire qualcosa di tipicamente italiano, non m'interessa fare copie degli americani, voglio che la mia musica sia un rock italiano, allora ho deciso di partire da un tema come quello di Arlecchino, da una maschera così popolare e importante.
    Ciao 2001: Ma come è stato possibile fondere questa immagine con la musica?
    A. Camerini: Il lavoro è di viso in diversi momenti. ci sono delle canzoni elettroniche con una spruzzatina anche di ska. poi un'altra parte fortemente rock di chitarra elettrica filtrata attraverso un sintetizzatore, perché la chitarra elettrica vecchio stile, alle Deep Purple per intenderci non m'interessa più tanto. Per avere questi risultati ho chiamato come produttore Roberto Colombo in modo da poter dare una veste elettronica a questo Arlecchino nevrotico e metropolitano che sono io. C'è poi una parte più dolce in cui vi sono quattro ballate nuove che ricordano un po' "Bambulè" e si entra quindi in un clima diverso.
    Ciao 2001: Tutto questo diventerà anche spettacolo?
    A. Camerini: Sì, sarò accompagnato anche da un gruppo con il quale girerò quest'estate. Non è uno spettacolo solo musicale ma, e questa è la cosa che più m'interessa oggi, anche visivo. Nel gruppo abbiamo quattro sintetizzatori e batteria; quindi il progetto è anche visivamente quello di fare un Arlecchino elettronico con l'intervallo di momenti più lenti e dolce ma sempre d'Arlecchino, con le situazioni collegate a questo personaggio.
    Ciao 2001: Tu sei molto interessato alla moda, soprattutto musicale e lo si vede con le tue trasformazioni e la tua continua attenzione verso ciò che accade come fenomeno anche puramente commerciale. Non è la moda spesso un fatto negativo?
    A. Camerini: Non trovo negativo esserlo. I Beatles erano sempre alla moda, anzi hanno provocato delle mode; tutto sta a vederla in questa proiezione creativa.
    Ciao 2001: Torniamo allo spettacolo; come si presenterà visivamente?
    A. Camerini: Ci sono delle "gag di arlecchino, tipiche del personaggio. Diventa uno spettacolo molto teatrale.
    Ciao 2001: Tu hai frequentato qualche scuola di teatro o di mimo, visto che sei così interessato all'immagine?
    A. Camerini: Ha fatto la scuola di "Quelli di Goock" con i quali sono stato due anni. Ho imparato molte cose sul piano teatrale e della mimica.
    Ciao 2001: Ritieni che le canzoni di "Tempi moderni" siano più facili, nel senso di orecchiabili, dei tuoi precedenti lavori?
    A. Camerini: Non sono pezzi molto lunghi, Visto che sono dodici, quindi più sintetici. Senz'altro ho cercato di dare maggiore comunicativa, senza però tralasciare un tema che può essere interessante e che puoi trasmettere anche con facilità. Tutto sta a fare le cose con una certa intelligenza senza cadere nella banalità per forza.
    Ciao 2001: Credi ancora molto nella forza della musica rock in genere?
    A. Camerini: Io credo che a questo punto non si debba più parlare di rock italiano o inglese o americano. Il rock è un linguaggio universale che ha trovato il suo collocamento in diverse situazioni. Io credo, e lo ripeto, in un rock italiano, che riesca a trasmettere qualcosa della nostra cultura pur parlando con una chitarra elettrica o un sintetizzatore.
    Ciao 2001: Tu ti senti un Arlecchino moderno, ma non credi di chiuderti così in un tuo spazio e basta?
    A. Camerini: No, perché non è un Arlecchino muto o sordo; è un arlecchino che sta molto attento a ciò che gli accade attorno.


Ragazza In n. 47

UN ROBOT ALLA CONQUISTA DEL SUCCESSO

Sacerdote indiscusso del rock elettronico made in Italy, genere musicale che ritiene l'unico valido e che meriti di essere seguito e animato, Alberto Camerini dichiara di aver avuto anche un altro punto ben fisso: l'assoluta necessità di mutare aspetto a ogni incontro con il suo pubblico. Questo per una sorta di stravaganza che in un certo senso lo accomuna al suo personaggio preferito: Arlecchino. Infatti, come il famoso, simpatico, intrigante servitore veneziano, Alberto ama richiamare, nel suo già inusitato abbigliamento, il motivo coloratissimo e romboidale caratteristico della più famosa maschera italiana. E non soltanto perché amante della policromia, ma soprattutto perché vede in Arlecchino l'individuo realmente a suo agio tanto nella "commedia dell'arte" quanto nella società elettronica dei nostri giorni. Come cantante e showman, Alberto Camerini è nato cinque anni fa. Ma nel grande giro è entrato in pratica soltanto quest'anno, dal giorno della sua partecipazione all'ultima rassegna di Saint Vincent dove, ostentando una pirotecnica acconciatura a cresta di gallo, ha presentato "Rock'n'roll robot", il brano che gli ha fornito il biglietto d'ingresso per la popolarità. Da quel giorno, per il robot - Arlecchino è stato tutto facile e dopo i lunghi anni trascorsi a limare il suo personaggio e a tentare di imporlo, l'ha avuta finalmente vinta. Il gran numero di serate e di dischi venduti ne è la prova più evidente. Con "Non devi piangere" poi, presentato in occasione dell'ultima Mostra Internazionale di Venezia - e giocando come Arlecchino praticamente in casa - ha posto una seria ipoteca sulle posizioni di testa della hit parade. Trent'anni, milanese d'origine, Alberto è nato nella città più italiana del Brasile, San Paolo, la metropoli sudamericana dove la famiglia paterna si era trasferita poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. A San Paolo, fra le spiagge assolate, i ritmi scatenati e l'inebriante aria tropicale, ha vissuto undici anni rientrando a Milano quando i suoi, dopo la fortunata esperienza brasiliana, decisero di continuare in patria l'attività intrapresa da quelle parti. Diploma di maturità classica, un paio d'anni di Architettura quindi uno di lettere e uno di filosofia senza però trovare la strada giusta. Ma nel frattempo si era accostato al mondo dello spettacolo grazie al padre che aveva aperto uno studio di produzioni cinematografiche e televisive. Si compra una chitarra, impara a suonarla, poi si iscrive a una scuola di mimica che si rifà all'arte inimitabile di Grock, il grande mimo e clown svizzero. Soprattutto quest'ultima esperienza gli torna utile quando comincia a delineare la sua creazione, quell'Arlecchino versione moderna con il quale si identifica e con il quale ha conquistato il faticato posto al sole nell'ambito del nostro panorama musicale.

Alberto Camerini non vanta un posto nell'almanacco del Gotha italiano ma, personaggio disinvolto e spiritoso, si è dato una nobiltà tutta sua della quale beneficia anche sua figlia. Valentina può sfoggiare così una lunga serie di nomi che suonano: Delicious, Livia, Maria, De Luxe, Camerini, duchessa de Carnevalis. Solo così può reggere il confronto con il padre che annienterebbe anche un principe bizantino con i suoi titoli di: duca de Carnevalis, conte di Marmellata, re dei Sambisti - Punkisti - Elettronici - Minimalisti, re della Repubblica di Banana, imperatore delle Lune di Saturno, dei Maccheroni e della Luna.

Alberto, la moglie Elena - sposata un anno fa - e la piccola Valentina di quattro mesi, formano un affiatatissimo e un unitissimo terzetto anche quando l'artista di casa è in tour. Moglie e figlia, infatti, lo seguono dappertutto; Valentina come mascotte e hobby paterno (è lo stesso papà che si diverte con le sue pappe e i suoi poppatoi), e Elena quale consigliera personale, amministratrice e esecutrice materiale dei pirotecnici trucchi che il cantante - mimo ha ideato per sé sotto la supervisione dello stilista - rock Massimo. Uno di questi, per esempio, lo vede sfoggiare un occhio al limone e le labbra affogate in un oceano di verde, sullo sfondo del volto tradizionalmente dipinto di bianco.

PASSAPORTO
Nome: Alberto
Cognome: Camerini
Nato a: San Paolo del Brasile
Data: 16 Maggio 1951
Altezza: 1.69
Peso: 55 chili
Capelli: castano scuro, mesciati di rosso, giallo, verde
Occhi: marrone
Studi: maturità classica
Stato civile: sposato
Hobby: preparare la pappa a sua figlia, Valentina, di 4 mesi.

OROSCOPO
Da buon toro qual è Alberto Camerini è dotato di grande fascino sia nella persona, minuta e dai lineamenti perfetti, sia nei modi, sempre gentili e calibrati. Amante del ballo e della tavola raffinata, l'interprete del rock elettronico è molto attaccato alla famiglia, per la quale è disposto a qualsiasi sacrificio. Per questo, e anche perché fondamentalmente romantico, l'avventura non lo interessa;

Le esibizioni di Alberto, che di solito hanno per cornice l'ambiente già particolare delle discoteche, durano quasi due ore e filano via rapide e divertenti sia per il genere musicale che offrono sia per il modo personalissimo di cucire un brano all'altro dell'interprete nato in Brasile. In pratica, quando non canta Camerini recita e i suoi monologhi sono sottolineati dalle movenze rapide e scattanti del suo Arlecchino. Quindi rock, danza, mimica e recitazione; il tutto per lanciare al pubblico il suo messaggio. Il rock elettronico come la "commedia dell'arte", cioè un modo libero, naturale e spontaneo di comunicare al prossimo le proprie esperienze e le proprie sensazioni.


Tutto Musica & Spettacolo 1980

IL PIANTO L'ALLEGRIA E LA FAME ANTICA
CANTANTE, AUTORE, MIMO E BALLERINO. ALBERTO SI È CALATO NEI PANNI MULTICOLORI DELLA PIU POPOLARE MASCHERA ITALIANA: ARLECCHINO. MA NON È SOLTANTO UNA SCELTA DI IMMAGINE. CAMERINI RIVIVE IN ARLECCHINO LA CONDIZIONE UMANA E IN PARTICOLARE QUELLA DELL'ARTISTA.

di Gherardo Gentili

    Con Alberto si recita a soggetto. Un canovaccio e via. Se è in vena, la recita procede veloce e brillante; se non lo è, va avanti a fatica, tra lazzi sberleffi e frasi fatte.
Camerini è in vena. racconta la sua storia, divagando quel che basta, farcendola di parole storpiate, storpiando fatti e personaggi, senza alterarli.
    «Sono sempre stato commestibile. Non ho mai patito la fame, ma il problema mi assilla. Fame di tutto, non solo di cibo."Pane quotidiano" si intitolava la prima canzone, uscita nel '76. E l'album era: "Cenerentola e il pane quotidiano". Poi nel '77 è venuto: "Gelato metropolitano", seguito da un LP. Altri appetiti si intrecciavano e quello di pane, gelato e giustizia: "Il diavolo in corpo", ispirato al libro "Alice e il diavolo" edito da Radio Alice. Era il tempo degli indiani metropolitani. Poi è venuto "Bambulè", favola di un ragazzo vanitoso come un pavone. Bambulè vuol dire bambolotto, ma è acnhe un auguri, una specie di "prosit" quando si accende lo spinello».
    Hai spinellato parecchio nei tuoi verdi anni?
    «Non mi sono tirato indietro. Appartenevo alla generazione post-sessantotto. E cercavo in qualche modo di trovare una identità. "Comici cosmetici", uscito nel '78, la dice lunga a questo proposito. Titoli significativi: "Neurox", "Clown elettronico", "Siamo tanti" e soprattutto "Macondo"».
    Poi sei sparito. Chi ti pensava "fatto"; chi diceva che eri andato a disintossicarti.
    No, stavo litigando con quelli della Cramps, la casa discografica. Ci fu una lite con Gigi Noia che sfoderò il suo miglior stile d'ita fredda e silenziosa. Sassi, l'altro socio, tramò intanto di vendermi come schiavo alla Polygram. Ma io non "firmetti" e risposi picche. La cas era in pieno "boom" Bee Gees. Ma io "dicetti" di no. Era il 28 febbraio, un martedì grasso. E così per un anno rimasi fermo, limitandomi ai Festival dell'Unità».
    Come mai ti sei guastato con la Cramps?
    «Perché alla Cramps facevano il bello e il cattivo tempo la maga Finardi e il santone Rocchi. Quello che dicevano loro era Vangelo. Rocchi adesso è in India a fare l'arancione, cioé il monaco buddista rapato a zero con il codino e il saio color zafferano. Ma Finardi imperversa ancora, sia pure sotto una nuova etichetta».
    Via, lo sanno tutti che tra te e Eugenio c'è un rapporto Odio-amore...
    «Bo', se lo dite voi... Comunque non lo nego: ci amiamo. E quando ci si ama, si sparla...».
    Come ti sei liberato dalla Cramps?
    «Ho fatto intervenire mio padre. Tanto ha detto e tanto ha fatto che a un certo punto gli hanno urlato: "Basta, si prenda suo figlio e non ci rompa più le balle!". L'1 gennaio 1980 facevo il mio ingresso alla CBS, grazie a Valentino Maggioni e a Fabrizio Intra. Arlecchino servitore di due padroni...».
    Quando hai cominciato ad arlecchinare?
    «Dalla nascita. Arlecchino-Colombina. Un binomio che mi perseguita. Roberto Colombo, detto Capitan Moog, è il mio produttore. La CBS significa Columbia Broadcsting System. Quando mi sono sposato sono andato in viaggio di nozze in America, sulle orme di Cristoforo Colombo...».
    Di tutti i Colombi e le Colombine ci interessa Roberto. Vi conoscete da tanto?
    «Siamo stati compagni di banco al Liceo Beccaria di Milano. Era così scatenato e faceva tali casini che rischiavo di esserne travolto. Poi Roberto fu respinto per la condotta e dovette ripetere l'anno. Ma non smise di scatenarsi. La sua aula era al piano di sopra. E lui mi inviava messaggi calando una scarpa dalla finestra. Assieme abbiamo fatto parte di complessini studenteschi. Poi io ho formato un duo con Donatella Bardi, oggi sposata e madre. Fu il mio primo grande amore. Infine ho fatto parte di un supergruppo che si chiamava "Il Pacco" e comprendeva me, Pepé Gagliardi, Ezio Malgrati, Ricky Belloni, Lucio Fabbri. Gente in gamba, oggi super-riuscita. Avevamo un camioncino arancione che piaceva tanto a Finardi. Si aggregò anche lui, sperando di fregarcelo...».
    E dalli con Eugenio!
    «Che posso farci, gli piaceva davvero. Frattanto, mi ero iscritto all'università. E suonavo, suonavo per cavarmela da solo. Nelle balere con i Gattopardi, nell'LP "Volo magico" con Rocchi; all'Ariston, chitarrista con il maestro Guarnieri. Bei tempi. Ho fatto le ritmiche per la anoni, Anna Identici e Fausto Leali. Ricordo che nel Sud la gente urlava: "Fausto, facce 'A chi'!". E finalmente nel '74 ho incontrato la vita...».
    Che vita?
    «Ma sì, Lei, la Strambelli, Nicoletta, Patty Pravo! Facevo parte di un gruppo che l'accompagnava: Cameroski, cioè io, Cuffari, Colombo, Mompelio detto Pompelio, e Gigi Belloni, il gemello di Ricky".
    Sei stato anche tu innamorato di Patty?
    «E come no? Ma era il periodo di Riccardo Fogli, niente da fare. Poi mi sbatterono fuori dal gruppo perché suonavo con una tonalità troppo alta- Così nel '75 approdavo all'Ultima Spiaggia di Nanni Ricordi e successivamente, visto che Nanni non mi filava, alla Cramps».
    Ma Arlecchino?
    «Arlecchino viene di lì, dalla "fame" che ho patito alla Cramps, dalla scuola di mimo che ho frequentato, dai libri che ho letto, e dalle esperienze di vita. Il mio non è un Arlecchino archeologico. Arlecchino non è morto, ma continua a vivere. È il servo, l'affamato, l'immigrato. Nel gesto, nella mimica gli italiani si riconoscono in lui, ridono, applaudono. L'Arlecchino d'oggi non può essere che rock. Io lo rivivo così. Il rock è il nostro teatro popolare, la nostra Commedia dell'arte».
    Arlecchino anche in "Rudy e Rita"?
    «Sì, perché è una storia d'amore. Una facciata è rock, l'altra è favola. Solo che la favola è rock e il rock è favola. Le favole sono "Miele", "Pennarello e Melaverde", "Pupazzo", "Quando è carnevale": addirittura una barcarola veneziana del '700. Si passa dai bassifondi della metropoli di "Rock 'n' roll robot" e di "Tiger Beat" al ristorante di Ricciolina. E qui Arlecchino trova lavoro in cucina e finalmente... mangia!».


Sorrisi e Canzoni TV, 1982

È ARLECCHINO ANCHE IN CASA
La vecchia e cara maschera è stata trasformata in un allegro robot-clown dei nostri tempi: è questa la proposta per l'estate
musicale di Alberto Camerini, che concorre alla rassegna con il brano «Tanz Bambolina». Personaggio fantasioso e imprevedibile, il cantautore milanese si comporta con amici e familiari come sulla scena

di Fabio Santini

Alberto Camerini torna sul mercato discografico con un nuovo album: una valanga di suoni computerizzati ma guidati dal cuore e dall'istinto, un'idea musicale ispirata ad una delle tante commedie dell'arte che hanno caratterizzato il Settecento.
II cantautore milanese libera l'immaginazione ai colori e agli impulsi della sua poesia sonora. Al centro l'immancabile Arlecchino trasportato ai nostri giorni con la sua vita, le sue ansie, i suoi amori, le sue aspirazioni. Una forma di lettura autobiografica in
sostanza. Camerini parla un linguaggio carnevalesco, fatto di termini talvolta eccessivi altre volte simbolici che richiamano una cultura, quella popolare del 18° secolo, che ha saputo trasmettere al suo personaggio di «Arlecchino tecnologico».
«Leggo moltissimi testi che parlano di quel periodo. sono interessato a tutti gli autori che hanno fatto arte popolare, raccolgo quante più informazioni posso, battendo il territorio della commedia. Anche nella vita privata ormai mi viene naturale continuare il ruolo che ho assunto sul palcoscenico».
Questo avviene anche in famiglia?
«Certo. Valentina, mia figlia, ha un anno. E io gioco con lei con i suoi tre Arlecchini di plastica variopinta, con i suoi Pierrot di pelouche, con i suoi pinguini di gomma. Li metto insieme e creo delle storie surreali, ma con un loro preciso canovaccio e un'identità per ogni personaggio. Io sono il burattinaio e mia figlia si diverte e partecipa»
Non coinvolgi Valentina nella tua musica?
«A casa ho una piccola tastiera elettronica che comprende il suono da batteria e altre mille combinazioni. Valentina aggredisce letteralmente la tastiera ricavandone suoni anomali dai quali rimane affascinata».
E tua moglie la costringi alla parte di Colombina?
«Elena è una donna stupenda. Io le sto vicino quanto piu posso. Dovendo trascorrere gran parte dcl mio tempo in tournée lei ha imparato a guidare la nostra auto. Io, sul sedile di fianco, guardo le immapini di una Tv a colori per automobile che mi ha regalato Venturi, il mio manager. Mi distraggo dal viaggio, mi informo, mi diverto, assimilo messaggi. Ma guai se Elena non mi fosse vicino».
Alberto perché ti interessa tanto la cultura del Settecento?
«Perché quello è stato un periodo in cui gli italiani offrirono un contributo reale per lo sviluppo della musica e della cultura europea».
Anche la tua musica può dare sviluppo ad un modello europeo?
«Io penso di sì. Vedi, un discorso è quello del folk popolare di gente come Roberto De Simone, la Nuova Compagnia di Canto Popolare ei gruppi di quel genere; e un discorso invece è quello di Arlecchino che rivive oggi, accerchiato da mille tastiere, computerizzato ma guidate dall'uomo».
Ma perché proprio Arlecchino?
«Perché una maschera che sa sempre reinventarsi, è sempre vivo. Oggi non può avere al suo fianco soltanto la musica di Vivaldi. Negli Anni '80, come in tutti i tempi, può rivivere con un repertorio nuovo».
Come mai l'età media di chi compra i tuoi dischi si aggira sui 14-15 anni?
«Perché io comunico con semplicità e fantasia. E loro apprezzano un humour immediato come quello di "Tanz Bamboiina", il brano che porto al Festivalbar. Quelli dai 15 ai 30 vengono ai concerti ma comprano pochi dischi italiani...».
Come vanno i rapporti con Mr. Moog, Robi Colombo, il tuo produttore?
«Benissimo. Pensa che ancora oggi, come ai tempi della scuola, se abbiamo qualche messaggio da comunicarci in linguaggio cifrato, ce lo spediamo con una scarpa appesa a un filo».
E' vero che di recente hai querelato un giornalista?
«Si è vero. Io sono stempiato e perdo molti capelli ma non ho mai usato parrucche come si insinuava nell'articolo incriminato».
Alberto, pensi che un giorno Arlecchino soffocherà sotto il peso della tecnologia?
«Arlecchino è un attore che non morirà mai. I suoi personaggi sono il facchino, il cameriere e la gente di tutti i giorni. Una volta era il Mick Jagger alla corte del Re di Francia. Oggi potrebbe essere chiunque».


Tutto Musica & Spettacolo, 1982

ARLECCHINO ELETTRONICO EDUCATO DALL'AMORE
"ROCKMANTICO", IL NUOVO ALBUM DI ALBERTO, APPROFONDISCE E PORTA ANCORA PIU' IN LA' IL TEMA A LUI CARO DELLA COMMEDIA DELL'ARTE E DELLA ARCIFAMOSA MASCHERA ITALIANA. OGGI NON SI CAPISCE PIU' SE ABBIAMO DI FRONTE UN CAMERINI MASCHERATO DA ARLECCHINO O UN ARLECCHINO TRAVESTITO DA ALBERTO CAMERINI. SI VA DALLE SEICENTESCHE BARUFFE DEI COMICI ITALIANI CON IL RE DI FRANCIA ALL'EPOCA ATTUALE. ARLECCHINO CANTA, SUONA E BALLA IL ROCK, SI DESTREGGIA TRA LE DIAVOLERIE ELETTRONICHE E LANCIA UN PATETICO MESSAGGIO AI REGISTI CINEMATOGRAFICI DI MEZZO MONDO.

di Fausto Pirito

Udite udite! Arlecchino è impazzito! Il poveretto va farneticando e affida ai quaatro venti questo messaggio: «Registi di tutto il mondo. Svegliatevi! Avete di fronte il più grande Arlecchino del momento, il vero Arlecchino, l'anima di Arlecchino e non ve ne siete accorti?! Ma, badate bene: a me interessando solo i registi cinematografici. Io sono Arlecchino anno 1982 e il teatro è roba che poteva andar bene nel XVIII° secolo... Dunque, cari registi, fatevi avanti. Io intanto mi sto preparando, conosco bene la Storia e vi aspetto!».
Il messaggio lo abbiamo raccolto durante un incontro notturno, avvenuto a Roma, con Arlecchino-Alberto Camerini. Ma, sarà stato per l'ora tarda oppure per carattere, a un certo punto non vedevamo più bene se il personaggio che avevamo di fronte era Alberto mascherato da Arlecchino, o Arlecchino travestito da Alberto.
Torniamo con i piedi sulla terra. Sapete che cosa abbiamo scoperto? Abbiamo scoperto che il nostro Arlecchino-robot è un vero bugiardo. Sì, a lui interessa il cinema, ma non per questo butta alle ortiche la tradizione della maschera. Anzi, Camerini si è immedesimato a tal punto nell'amico Arlecchino che, per l'ultimo album ("Rockmantico") è andato a rispolverare addirittura un periodo della Commedia dell'Arte poco valorizzato, proprio quel XVIII secolo che aveva visto i comici italiani ospiti di Sua Maestà il Re di Francia.
Alberto, come nasce il tuo nuovo 33 giri?
«Nasce sulla strada, durante i concerti, tenendo costantemente presenti le esigenze del pubblico. Nasce anche guardando il Carnevale in Tv e ascoltando tanta musica di Vivaldi. Nasce infine dai miei studi sulla Commedia dell'Arte. In questo senzo, ho preso spunto da un atto unico di Mariveaux: "Arlecchino educato dall'amore", rappresentato dalla compagnia del modenese Luigi Riccoboni (Arlecchino Tommasino), nel 1720 a Parigi. La mia operazione è il recupero "archeologico" di una delle mille facce di Arlecchino, a beneficio dei bambini che guardano la televisione. In "Rockmantico" non troveranno Arlecchino buffone, straccione, diabolico, pericoloso e morto di fame. No, questo è un Arlecchino elettronico educato dall'amore, ricco di senso di responsabilità civile, più profondo, e non più diavolo. Quello che mi interessa far sapere è che i commedianti italiani del '700 hanno contribuito alla nascita di una parte, anche se "modesta", della cultura francese dell'epoca. Arlecchino, ultimo degli sciocchi, ma proprio ultimo, cioè il meno sciocco di tutti, aveva avuto l'onoro di essere richiamato da Sua Maestà in persona, dopo che alla fine del '600 i comici italiani erano stati schiacciati dalla Francia. E Arlecchino si presenta a corte non più da buffone, sconcertando tutti. Infatti, era diventato molto, molto dolce e tutto rosa, il colore del pudore. Comunque Arlecchino è una maschera inesauribile e chissà cosa potrà ancora inventare. Mi piacerebbe riviverlo trasparente, come la verginità, giallo, come la gelosia; nero, come la furia; rosso come il cuore umano... che non è di metallo».

Alberto, qual'è la struttura di "Rockmantico"?
«Be', il disco si compone di due facciate... A parte gli scherzi, il lato A (dove ci sono: "Telex", "Maccheroni elettronici", "Stai con me", "Mr. Rock" e "Fanatico di rock'n'roll") lo definirei la parte maschile dell'ellepì e si riallaccia un po' alla dimensione di Arlecchino rock'n'roll superstar. Per esempio "Telex" è un messaggio disperato al vero telex della mia casa discografica. In "Maccheroni elettronici", invece, vi accompagno nel ristorante di Arlecchino dove potete trovare piatti come mafia, camorra, terrorismo... insomma un fritto misto. Ma la vera sintesi dell'album sta nel pezzo di apertura della seconda facciata: "Tanz bambolina" (che si sviluppa poi al femminile con "Arlecchino educato dall'amore", "C'è un giardino", "Mon ami", "Proprio tu" e infine "Questo amore"). "Tanz bambolina" è una vera danza elettronica che Arlecchino vorrebbe ballare con l'Europa. Ogni frase è un linguaggio europeo fatto di mille colori. Certo che questa mia operazione linguistica la definirei perlomeno audace, un'operazione che oggi si può permettere solo l'ottimo Battiato. Comunque il vostro "bell'imbecille" ci prova e il mio sforzo tende a salvare quel po' di cultura popolare italiana che è rimasta in questi moderni tempi di assoluta decadenza».
Ma è vero che il brano è permeato da un'atmosfera mitteleuropea?
"Nooo! Nooo! Nooo! La dimensione mitteleuropea è cupa, decadente, autodistruttiva. Io, invece, sono un sudeuropeo, un "maccheroni della pianura padana", sono un nordico di seconda categoria sempre pronto a servire e divertire il pubblico".
Che significato ha l'elettronica nella musica che produci?
"L'elettronica per me è la possibilità di creare con più facilità una musica popolare attuale. La tecnologia, insomma, apre le porte alla creatività. Oggi, anche un bambino, se vuole, può fare musica come la mia".
Che tipo di messaggio lanci con i tuoi testi?
" Il messaggio è questo: facciamo canzoni italiane con un linguaggio internazionale, ma senza perdere la nostra identità. E io ho scelto di usare una lingua maccheronico-europea".
Quanto ha influito l'opera di Vivaldi sul tuo lavoro?
"Molto, Pensa che, nella seconda parte dell'album, in un constesto vagamente vivaldiano ho inserito riferimenti al più grande compositore e organista francese del 700: Jean-Philippe Rameau".
In sala d'incisione sei molto preciso, quasi pignolo. Perché?
"Perché sono un serio professionista, ai limiti del fanatismo. Se non avessi frequentato il liceo classico, direi che sono un tipo scientifico... Comunque, anche per questo LP, se in sala non avessi avuto al fianco l'amico Roberto Colombo, mio produttore, non ce l'avrei mai fatta".
Cosa rappresenta per te un produttore discografico?
"Superman che viene a salvarmi


Ragazza In n. 23, 7 Giugno 1983

UN ARLECCHINO CHE FA I CAPRICCI COL COMPUTER

    Dallo scorso autunno sei ricomparso solo da poco. Cosa hai fatto per tutto questo tempo?
    "Ho avuto l'esaurimento nervoso. A gennaio sono stato in una clinica svizzera e ne sono uscito conciato peggio di prima. Comunque le attrezzature che ho visto lì dentro hanno ispirato il mio nuovo pezzo, 'Computer capriccio'...".
    E che vuol dire? Che il computer fa i capricci nel senso che va in tilt?
    "Ma allora non conosci i computers! Io parlo delle infinite possibilità che offre un 'mostro' del genere se uno lo programma per fargli fare i 'capricci'...".
    Ma non potresti essere meno ermetico?
    "E va bene. Nel '700 i capricci li faceva Paganini con il violino. Ora ne ho fatto uno io con il computer...".
    Comunque rimani Arlecchino, anche se qualcuno dice che stai vivendo il tuo momento da Robin Hood...
    "Cavolate. Sono e sarò sempre Arlecchino, col solo dubbio se avere la testa bionda o bicolore".
    Quale versione preferisci?
    "Senz'altro la bicolore. Perché i tedeschi che ce l'hanno bicolore sono molto più rock che nel sud".
    Perché piaci alle ragazzine?
    "Perché loro piacciono a me".
    E ai ragazzini?
    "Perché vorrebbero essere rocker. Aggressivi. Come me".
    Dopo la Svizzera e 'Computer capriccio' che altro hai fatto?
    "Ho festeggiato il Carnevale a Venezia. Come si addice a un vero Arlecchino e anche ad uno che è nato in Brasile. Difatti sono di S. Paolo.
    Questo a febbraio. Poi?
    "Di nuovo in sala di registrazione per il prossimo long playing. E, finalmente, ad agosto me ne andrò in tournée".

IL SUO PIÙ GRANDE AMORE
Alberto è padre di una bambina di due anni che si chiama Valentina, Livia , Maria ma che, a seconda degli stati d'animo lui chiama in modo diverso. Coriandolina, Diamantina o Didi Delicious. Bionda, occhi azzurri, nasino all'insù, Valentina è letteralmente la passione di suo padre che, da buon megalomane qual'è, per lei pronostica un futuro hollywoodiano. Spesso, per non allontanarsi troppo da lei, Camerini se la porta dietro anche quando va in tournée.

E IL CINEMA?
Un passato di attore teatrale e di mimo, Alberto ha recentemente rifiutato un paio di proposte cinematografiche giudicandole poco adatte al suo personaggio. Comunque per restare nell'ambiente, lui che è figlio di un produttore di shorts pubblicitari e fratello di un regista di cortometraggi e che quindi di cinema ne sanno qualcosa, ha in mente di scrivere una sceneggiatura per un film musicale. E sempre in tema, precisa che non è lui ma un sosia, la figura che appare in una serie di spots reclamizzanti alcuni grandi magazzini.

IL NUOVO L.P.
In questi giorni Alberto Camerini è in sala d'incisione per il suo prossimo LP, naturalmente a base di rock elettronico. Sono con lui i Tapes, la sua formazione di sempre composta da Sergio Pescara (batterista, il più simpatico, che al termine di ogni concerto viene messo in palio tra le fans), Fulvio Massi (bassista), Roberto Rossi (tastierista, uno che viene dal conservatorio e che fa musica disco sotto mentite spoglie), Roberto Di Santo (chitarrista, patito di bob a 4), Giuseppe Cancelliere (chitarrista, detto Joazinho perché ha il debole del pallone).

UN PUPAZZETTO CON GLI OCCHI GRANDI
Alberto non si è mai preoccupato troppo del suo apparente aspetto di ambiguo. "Perché più che ambiguo", dice lui, "il mio è un aspetto infantile, da pupazzetto. E i pupazzetti, si sa, hanno gli occhi grandi e belli come i miei, il nasino all'insù, il corpo dinoccolato e filiforme e i capelli indescrivibili, come i miei. Però anche se non sono uno di loro, i gay mi stanno simpatici perché dicono che sono carino e anche bravo."

IL SUO PORTAFORTUNA
Il pezzo di stoffa multicolore che Alberto appoggia con noncuranza sul braccio o sulla spalla e che potrebbe sembrare un foulard, è in realtà la maglietta che indossava ai tempi di 'Tanz bambolina', il suo primo successo. Un capo d'abbigliamento a rombi di tutti i colori, che gli ha tenuto compagnia tre anni fa per ben 180 concerti e che ora Alberto sfoggia come portafortuna ufficiale.

IL SUO HOBBY PREFERITO
Il passatempo numero uno di Alberto è la cucina. I suoi piatti capolavoro sono il 'risotto arcobaleno', gli 'spaghetti rock a billy' e i 'maccheroni alla Baglioni'. Del primo è facile intuire il perché del nome (viene ovviamente dai colori che compongono il piatto e che sono quelli della tuta di Arlecchino), del secondo anche, in omaggio alla sua passione per il rock, e in quanto al terzo è per un fatto di date di nascita. Tanto lui che Claudio Baglioni, infatti, sono nati il 16 maggio, sotto il segno del Toro.


Ciao 2001, 1983

ALBERTO CAMERINI: Torno sui miei passi

Camerini Alberto minacciamo di legarlo alla sedia se non si da pace e ne concede al minimo a noi stessi che gli dobbiamo parlare. Scongiurato uno capogiro e bloccato il ragazzo dal ciuffone canarino tanto da guardarlo negli occhi... (ma quelli non li vediamo proprio perché coperti dal ciuffo...).
- Va beh - esordiamo - t'abbiamo visto a Discoring meno melodrammatico del solito e invece più decisamente rock sia di chitarra che di saltelli che di sound complessivo: roba che da un momento all'altro ci aspettavamo di vederti misurare il palco con la chitarra bassa e il passo d'anitra...
«Bravo! Son contento che hai colto questa mia nuova propensione e queste sfumature del mio essere Arlecchino nel 1983, sempre elettronico, certo, ma più rock elettrico chitarrista e meno colorato!».
- Insomma Alberto: come dire che, non potendo deviare d'un botto pet non scontentare i tuoi fan, stai per fare una deviazione larga, tornare sui tuoi passi antichi e riaprire una fase meno colorata ma più corposa e sanguigna..
«Ma no, no che non sono deviazioni né ritorni, oppure anche... ma mica ne so niente io! Io so che sempre con Colombo al fianco, ma questa volta in modo un po' più discreto, in mezzo alle OBX, a effetti di Vocoder e tutte quelle robe precise fredde e meravigliose del futuro, mi sono accorto che avevo di nuovo voglia, tanta voglia di inventare assoli sulle mie vecchie sei corde; mi sono accorto che il mio amore fisico per il rock (più quello americano che quello inglese), stava esplodendo tranquillamente, e che cantavo più forte, gridavo quasi!».
- E pensavi a Finardi di nuovo e al vostro rock metropolitano, e all'energia vitale libera e spontanea di quegli anni...
«Non ti seguo mica sai, sulla sua strada tutta trabocchetti classici da critico che ha passato gli "enta"! Me n'hanno
già dette e fatte dire di tutti i colori tutte le volte che vi son venuto appresso... basta col passato, si cambia, si cambia e poi ancora e ancora, e meno male che c'è qualcuno che ne ha il coraggio e che ogni volta rischia il tutto per tutto per guardare avanti! Pensa se io da quella fase filastrocchesca un po' carioca del '76 avessi avuto un'evoluzione lenta e naturale: visto che si
trattava di samba-rock, sarei finito un po' alla volta funky e ci sarei rimasto a vita! Oh. Allora, visto che invece, radici
brasiliane a parte, io sono uno che da piccolo s'è girato il mondo sacco a pelo in spalla per seguire il gran giro rock tanta era la mia passione per i grandi chitarristi della "prima ondata"... E allora mi permetterete spero, visto che "dare ho dato", di sperimentare tutte le vie, cosi modestamente, nonostante l'esteriorità colorata, finché nel mio piccolo non abbia dato una manina anch'io ad un suono nuovo; un suono che magari abbia in se i segreti elettronici e spaziali del futuro, la grande tradizione melodrammatica e melodica del nostro passato e il buon rock d'oltreoceano!».
- Vogliamo finire dicendo che allora questo 45 giri, rispetto a "Tanz Bambolina" segna una svolta rock chitarristica classica nell'essere maschera moderna di Alberto Camerini "italian kid"?
«Mi sembra appropriata come diagnosi!».
- E un'altra cosa Alberto: perché dopo aver studiato a fondo il nostro passato ed aver evocato vite e da te la tua maschera... non provi a metterti su il tuo teatrino e ti togli la voglia, tu, mimo, ed ex attore, di farti la tua "operina rock"?
«Forse perché non ho una lira, essendomi comprata casa e messa su famiglia. Vedremo, un giorno o l'altro...».
E. B.

 

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