Un grandissimo grazie ad Andrea Metropolitano per aver reperito parte del materiale presente in questa pagina.
Ciao 2001, 1976 Cenerentola è una ragazza di Milano
ALBERTO CAMERINI, UN NOME GIÀ NOTO NEGLI AMBIENTI DEL MOVIMENTO
GIOVANILE MILANESE, ESORDISCE IN QUESTI GIORNI IN PROPRIO CON UN ALBUM DI «
FAVOLE URBANE », MUSICALMENTE LEGATO AL ROCK ELETTRICO E AI RITMI SUDAMERICANI.
Nella
ristretta schiera dei nuovissimo cantautori italiani, il nome di Alberto Camerini
è forse uno di quelli che parte con alle spalle garanzie parecchio promettenti.
Piuttosto giovane di età (è nato a San Paolo del Brasile nel 1951), risiede
a Milano dal '63, e frequenta tuttora, al Politecnico, la facoltà di Architettura.
Come nome, Camerini non è nuovo alle cronache musicali: chitarrista,
egli è cresciuto insieme al movimento giovanile-alternativo che è andato sviluppandosi
a Milano intorno al nucleo della rivista Re Nudo e dei circoli del proletariato
giovanile. Del suo apporto si sono avvalsi parecchi musicisti le cui matrici
si riconoscono nel movimento milanese, primi tra tutti gli Area ed Eugenio Finardi.
Proprio con Finardi, anzi, e insieme ad altri nomi oggi noti come Claudio Rocchi
e Donatella Bardi, Alberto Camerini esordì professionalmente in proprio con
il gruppo Il Pacco, nel 1972.
Benché componga canzoni fin da quell'epoca, Camerini ancora
per parecchio tempo non si è sentito pronto, per eccesso di scrupolo, ad incidere
dischi in proprio. Dal 1972 a oggi si è invece immerso nella vita del movimento
milanese e alla sua evoluzione politica e di costume, che coincide poi con una
più vasta situazione giovanile rintracciabile in tutti i grossi centri urbani
d'Italia. Nel frattempo, ha partecipato con sincera convinzione ai dischi dei
suoi amici, si è esibito in tutte le feste di Re Nudo: all'ultima di esse, quella
del Parco Lambro durante la scorsa estate, ha presentato un lavoro per banda
magnetica e chitarra che ha suscitato un certo interesse.
Lo scorso maggio, ha sentito che queste esperienze gli consentivano
finalmente un favorevole momento psicologico per esordire su vinile: ha fatto
uscire infatti un singolo (« Pane quotidiano », « In giro per le strade »),
in cui alla spontanea immediatezza dei testi molto realistici e partecipati,
si abbinava un gusto musicale dolce e rifinito, ispirato ai ritmi brasiliani,
che hanno punteggiato la sua prima adolescenza.
Manuel Insolera
Nuovo Sound, 1976
Musica socializzanteMilano è una metropoli europea, una megalopoli
in embrione, con lo squallido panorama dl periferie che si dilatano in un febbrile
e caotico processo di appiattimento fra città e cittadine, fabbriche e cascinali,
vie di comunicazione e poche campagne. Un grande agglomerato brulicante di mille
coree', in cui ogni giorno arrivano persone ancora oppresse da atmosfere morali
vecchie di secoli, e di gente che vegeta la sua routine quotidiana, tra posto
di lavoro e casa, mezzo di trasporto pubblico e posto di lavoro, mezzo di trasporto
pubblico e casa...
Ma a Milano c'è anche chi quotidianamente opera per una sempre
maggiore integrazione della popolazione nel contesto sociale della città. Fra
questi e Alberto Camerini, venticinquenne chitarrista ben noto nell'ambiente
musicale milanese, dove esordi professionalmente con il gruppo 'll pacco' insieme
a Donatella Lardi ed Eugenio Finardi. Oggi si presenta alla ribalta nazionale
con un primo disco solo, 'Cenerentola e il pane quotidiano', ed il preciso intento
"di trasmettere informazioni su ciò che succede a Milano, Cosi come
nelle principali città italiane, di far capire che esistono delle situazioni
nuove e di farle analizzare e comprendere".
"La nostra arte è al servizio della masse popolari affinché
possano servirsene" - Mao Tse Tung
La ricerca del 'come fare cultura popolare' è un problema
molto sentito da Alberto, convinto che "il teatro popolare spontaneo,
il mimo e il pagliaccio, sono stati sostituiti, con l'avvento dei mass-media,
dal rock'n'roll, dallo spettacolo che offre dal palco il rockman, come hanno
dimostrato Alice Cooper, Lou Reed e David Bowie, toccando delle punte estreme".
La canzone diventa cosi la fiaba moderna, che non è più
'veicolo di espressione atto alla trasmissione di modelli comportamentali',
bensì specchio ironico e sfaccettato di una realtà di cui è necessario capire
la novità. Riappare il cantastorie, richiamato anche da certi titoli ('La straordinaria
storia dell'invenzione della televisione', 'La ballata dell'invasione degli
extraterrestri'), che da portatore di poesia popolare legato al mondo contadino
si trasforma in elettrico cantore del mondo metropolitano in evoluzione.
"L'esistenza di un mondo dell'arte separato dalla
società, è socialmente determinata" - Karel Teige
"La musica oggi è naturale si presenti come una sintesi
di tutti gli stimoli e le informazioni cui siamo continuamente sottoposti",
ci ha detto Alberto giustificando la varietà eclettica della sua musica. L'esperienza
ritmica del funky jazz, meravigliosamente tradotta in italiano dal batterista
Walter Calloni, la dimensione folclorica disegnata dal folleggiante violino
di Lucio Fabbri e l'esperienza solare ed ariosa del samba e della canzone brasiliana
(Alberto vi è nato e vissuto fino al '63) sorreggono con vibrante corposità
armonie e melodie dettate dalla volont3 di creare una musica realmente socializzante.
I testi, immersi nell'ironia bonaria di chi conosce la drammaticità del proprio
discorso, sono ricchissimi, "pieni di parole che dicono quello che dicono,
tratte dal linguaggio parlato", con una tensione poetica molto forte,
con una chiarezza priva di metafore. Si parla ovviamente degli extraparlamentari,
delle case occupate, della droga e dei media, in un continuo rapporto fra l'invadenza
della realtà metropolitana e l'individuo alla ricerca di un suo status non alienato.
Un'operazione culturale chiara, di cui vanno precisate alcune
direzioni laterali, che si disperdono un poco in questo primo bellissimo album,
curato nei minimi dettagli sotto l'attenta produzione di Paolo Tofani, chitarrista-sintetista
degli Area.
Raffaello Carabini
Il Monello, 1978
Altro cantautore che merita di essere ascoltato
con attenzione è Alberto Camerini. Nato a San Paolo del Brasile, Alberto si
ispira spesso alla musica del suo paese.
...
Più complessa la personalità di Alberto Camerini, un compositore e cantante
più . rock. e molto versatile. Nato a San Paolo del Brasile, Camerini ricorda
spesso la musica del suo paese, sia molto esplicitamente, sia sottilmente anche
nei brani formalmente lontani da quel mondo. Il mondo del Camerini di oggi,
però, è quello,vivissimo e ricchissimo di una certa gioventù milanese, attentissima
alla realtà che ci circonda. Il disco, già uscito da qualche tempo, si intitola
« Cenerentola e il pane quotidiano » e ve ne elenco solo alcuni titoli molto
significativi: « La ballata dell'invasione degli extraterrestri », « Maracatù
», « Sicurezza (Paura della libertà) », « Droga (La medicina che tira su) »,
« La straordinaria storia dell'invenzione della televisione a colori », « Tv
Baby (gli eroi della tv) » e, naturalmente, « Cenerentola » e « Il pane quotidiano
». Anche qui c'è la simpatica amicizia di Camerini con Eugenio Finardi, altra
grossa personalità della nuova canzone. L'etichetta è la RCA che punta molto
sui cantautori.
Renzo Arbore
Ciao 2001, 1978
Gelato Metropolitano, folk sudamericano
Di Alberto Camerini, brasiliano di nascita e milanese di adozione, si cominciò a sapere qualcosa di ufficiale, dopo un attivo periodo nell'ambito dell'underground meneghino, quando prese a collaborare con Finardi sia a livello musicale sia nella realizzazione di strisce umoristiche che potremmo definire di « esasperazione politica ».Ciao 2001, 1978
ALBERTO CAMERINI
Gelato metropolitano
(Cramps)
(M.I.) - Il secondo album del cantautore milanese (ma nato in Brasile) Alberto Camerini, dopo l'interessante prima esperienza del LP « Cenerentola e il pane quotidiano », mostra purtroppo un passo indietro (non nei testi, sempre validissimi ma bensì nella costruzione musicale; che non può non dispiacere. La dimensione di Camerini è quella del menestrello, che con linguaggio spigliato e satirico affronta, in chiave favolistica, alcuni tra i più scottanti problemi della vita urbana contemporanea, primo fra tutti quello dell'emarginazione: ebbene, se nel primo album, a livello musicale, questi contenuti erano modernamente e organicamente espressi attraverso la forma della ballata elettrica, in questo suo nuovo LP la forma ritorna a livelli soltanto acustici. Il che, intendiamoci, non sarebbe in sé stesso un male, se non fosse che, nel caso specifico di Camerini, la dimensione soltanto acustica scopre una sostanziale povertà di inventiva musicale: tutti i brani appaiono, musicalmente, piuttosto piatti e monocordi, un semplice schematico sostegno ai testi (i quali, invece, sprizzano tutti vivacità e intelligenza). Il che dimostra, ancora una volta, che non tutti possono essere dei Bob Dylan (capaci, cioè, di costruire canzoni musicalmente validissime con i soliti tre o quattro accordi. I testi, come dicevamo, sono invece caustici e validi: dall'autobiografica « Alberto », al ciclo della giungla con riferimenti all'attuale società urbana, composto da « Alì Babà nella giungla », « La (s)ballata delle Amazzoni » e «Canzone della Bahia », alla mordente e corrosiva « L'arrivo di Mao Tse Tung in Paradiso », ai due brani migliori: « Nembo Kid e Baby lavatrice » e « Gelato metropolitano », uscita anche su singolo, che sono due favole urbane degne della « Cenerentola » del primo LP. Alberto Camerini, se curerà maggiormente le parti musicali, ha tutte le carte in regola per diventare un cantautore significativo nell'attuale panorama italiano. Ha prodotto il disco Ares Tavolazzi degli Area.
Nuovo Sound, 1978
Il privato è politico? Torniamo a parlare di e con Alberto Camerini,
in occasione del suo secondo album, 'Gelato metropolitano', che uscirà a giorni
per l'etichetta milanese Cramps. Se dal primo lavoro, 'Cenerentola e il pane
quotidiano', avevamo parlato in termini di musica socializzante, creata nell'intento
di una sempre maggior integrazione della popolazione nel contesto sociale, questo
secondo, di cui abbiamo ascoltato in anteprima un nastro dal missaggio ancora
approssimativo, seppur sufficientemente esplicito, può essere messo a fuoco
come 'musica per il movimento'. Diciamo meglio che questo lavoro deve essere
considerato come una piccola parentesi all'interno del lungo discorso che va
portando avanti, dalla fine degli anni '60, l'associazione giovanile di sinistra.
Come ogni parentesi serve a contenere delle affermazioni che, pur essendo estrapolabili
dal discorso generale, lo specificano, lo sottolineano, sono chiarificazioni,
divertissements, esclamazioni, flashes, ricordi, ecc.
La parentesi dettata da Camerini, che da tempo è inserito nella
dimensione e nell'attività di gruppi sociali, è fatta di narrazioni didascaliche
e favolistiche, in cui la vecchia morale è ribaltata a favore di un "incitamento
alla resistenza, non alla violenza, Contro tutti i problemi, i blocchi e le
difficoltà che oggi le organizzazioni, più o meno militanti, della sinistra
trovano sulla loro strada". Il discorso è aperto e concluso con due brani,
'Alberto' e 'Gelato metropolitano', che vogliono servire a presentare l'autore
autobiograficamente e musicalmente, sulla scia del principio 'il privato è politico',
la cui cartella clinica marca sempre più preoccupanti sintomi di arteriosclerosi.
Dopo 'Alberto', che parla della sua nascita brasiliana con le esperienze
di strada-mare-giochi-canzoni-calcio, "qui spiego a me stesso perché faccio
le mie azioni secondo un certo cliché", segue un trittico, che Occupa il
resto della first side, costruito su storie della 'giungla'. Una foresta vergine
amazzonica che confina direttamente, si mescola confondendosi e sovrapponendosi,
alla giungla d'asfalto di cemento d'inquinamenti di delinquenza che ci viene
incontro ogni qualvolta varchiamo la soglia di casa, che ci penetra nelle orecchie,
negli occhi e nel cervello insieme all'aria che respiriamo. Camerini non cerca
di esorcizzare i problemi: 'Ali Babà nella giungla','La (s)ballata delle Amazzoni'
e 'Canzone della Bahia' giungono a bersaglio proprio nel momento in cui l'autore
non si identifica in nessuno dei suoi personaggi, ma si limita al suo ruolo
di narratore, interessato e partecipante, che sigla la sua loquacità con melodie
popolari brasiliane, percussioni nordafricane e archi europeizzanti. Sogni,
guerriglieri, ballate, sequestri, uccelli (ma sono volatili o il gruppo anarchico
penetrato nel parco della villa di Moravia? ), fiumi inquinati, centrali nucleari
si susseguono stratificati nella ricerca "di sperimentare il proprio sviluppo
cerebrale e gli strati della coscienza confrontandosi, attraverso la dimensione
del cantastorie, con la realtà metropolitana ed i problemi del movimento".
La seconda facciata, pur meno compatta, offre altri quattro episodi
ricchi di fantasia capacità comunicativa, ironia ed anticonformismo. 'L'arrivo
di Mao-Tse-Tung in Paradiso', ricomposta su una canzone del carnevale di Rio,
radicalizza ancor di più la critica sociale e vuol essere una spinta, passando
attraverso la denuncia sottile degli slogans delle Brigate Rosse, ad una sempre
più unitaria organizzazione delle masse giovanili. 'Bambulé', con uno splendido
intervento della voce di Caramella, e 'Nembo Kid e Baby Lavatrice' sono i brani
che maggiormente riportano alla mente, per il collage dada-onomatopeico ed il
pungente sarcasmo con cui viene affrontata la critica del malcostume e dei falsi
miti, la 'Cenerentola' del primo lavoro. Cosi, 'Gelato metropolitano', già uscita
in assaggio su 45 giri, è palese continuazione del noto 'Pane quotidiano' e
vuol essere una specie di sommario scherzoso della composita ispirazione dì
Alberto.
Musicalmente si è voluta abbandonare una certa dimensione elettrica
in favore di una più acustica, curata e funzionale, con i pochi collaboratori,
Lucio Fabbri, Ares Tavolazzi e Robi Haliffi, sempre felicemente coinvolti nella
dimensione caleidoscopica del lavoro. È, comunque, "musica costruita in
riferimento ai concerti, che faccio con solo due chitarre acustiche e le percussioni,
cioè musica povera, di cui ci si può facilmente impossessare per riprodurla
e servirsene". Il tutto nella convergenza di spunti brasiliani ed arabo-africani,
conditi dalla colonna sonora della nevrosi metropolitana: il rock'n' roll.
Ciao 2001 n. 31, 3 Agosto 1980
ARLECCHINO SPOSA UN COMPUTER
ABBIAMO INTERVISTATO IL CHITARRISTA E CANTANTE MILANESE. LA SUA IMMAGINE
DI ARLECCHINO INSERITO IN UNA REALTÀ NUOVA, URBANA E ELETTRONICA
MILANO,
Le canzoni di Alberto Camerini, la sua musica hanno subito una certa trasformazione
in questi ultimi due-tre anni. Nato come cantautore elettrico, primo tra i rappresentanti
di quel rock metropolitano, espressione vera di una città come Milano,
è passato ad un suono molto più legato all'elettronica, ai mondi
di plastica del futuro e per lui anche del presente. Camerini si può
dire abbia vissuto con intensità e sensibilità gli ultimi dieci
anni della musica, prima pop e poi rock italiana.
Nato come chitarrista ha in seguito cercato di sviluppare
anche la propria voce, ha cercato di emergere individualmente. Nascono così
i primi album, "Cenerentola e il pane quotidiano" e "Gelato metropolitano".
Questo si potrebbe definire il periodo di Camerini cantautore, il periodo forse
più autobiografico e realistico. Poi arrivano i momenti più elettrici
e fantastici che hanno inizio con "Comici cosmetici".
Ora Camerini sembra inseguire sempre più questa sua
seconda fase: l'uomo che ha di fianco un computer e non lo disprezza ma lo usa,
si allea. La sua nuova figura è quella di un Arlecchino proiettato ai
tempi nostri, un'immagine che entra a far parte anche del nuovo LP che sta finendo
di registrare e che uscirà probabilmente a settembre. È anche un cambiamento
di casa discografica e quindi di un nuovo entusiasmo e interesse alla sua musica.
Lo incontriamo al Mulino dove assieme all'arrangiatore Roberto
Colombo (lui lo chiama scherzosamente Moroder) sta dando gli ultimi ritocchi
al disco.
TEMPI MODERNI
Ciao 2001: Qual'è il progetto musicale di questo
nuovo LP?
A. Camerini: Arlecchino rock elettronico, questo è
in sintesi il progetto musicale di questo lavoro che dovrebbe intitolarsi "Tempi
moderni!"
Ciao 2001: Di cosa trattano le canzoni?
A. Camerini: Le canzoni girano attorno al personaggio di
Arlecchino, che io rappresento, perché trovo che questo sia un personaggio
italiano tipico anche della tradizione popolare, interessante, originale in
confronto al rock d'importazione che ci arriva.
Ciao 2001: Che unione c'è tra Arlecchino e l'elettronica?
A. Camerini: L'Arlecchino del 1980 è elettronico.
L'Arlecchino significava la maschera dell'attore popolare giovane, colui che
rappresentava non il bello, ma il servitore, la persona comune.
Ciao 2001: Ma come mai la scelta proprio di questo personaggio?
A. Camerini: Mi ha interessato per varie ragioni: un po'
perché me lo sono trovato addosso, è un personaggio al quale mi
sento molto simile. Anche Arlecchino suonava, cantava, ballava, era sempre in
movimento.
Ciao 2001: hai fatto quindi anche degli studi sul personaggio?
A. Camerini: Ho trovato dei libri e ho cominciato a studiare
la storia dei comici italiani del '600. Era il periodo in cui la commedia dell'arte
ha avuto il suo maggior trionfo, la sua maggior espansione. In quell'epoca gli
attori italiani ebbero un grande successo in Francia tanto più che influenzarono
anche il teatro francese e quello spagnolo. Visto che io ero interessato a costruire
qualcosa di tipicamente italiano, non m'interessa fare copie degli americani,
voglio che la mia musica sia un rock italiano, allora ho deciso di partire da
un tema come quello di Arlecchino, da una maschera così popolare e importante.
Ciao 2001: Ma come è stato possibile fondere questa
immagine con la musica?
A. Camerini: Il lavoro è di viso in diversi momenti.
ci sono delle canzoni elettroniche con una spruzzatina anche di ska. poi un'altra
parte fortemente rock di chitarra elettrica filtrata attraverso un sintetizzatore,
perché la chitarra elettrica vecchio stile, alle Deep Purple per intenderci
non m'interessa più tanto. Per avere questi risultati ho chiamato come
produttore Roberto Colombo in modo da poter dare una veste elettronica a questo
Arlecchino nevrotico e metropolitano che sono io. C'è poi una parte più
dolce in cui vi sono quattro ballate nuove che ricordano un po' "Bambulè"
e si entra quindi in un clima diverso.
Ciao 2001: Tutto questo diventerà anche spettacolo?
A. Camerini: Sì, sarò accompagnato anche da
un gruppo con il quale girerò quest'estate. Non è uno spettacolo
solo musicale ma, e questa è la cosa che più m'interessa oggi,
anche visivo. Nel gruppo abbiamo quattro sintetizzatori e batteria; quindi il
progetto è anche visivamente quello di fare un Arlecchino elettronico
con l'intervallo di momenti più lenti e dolce ma sempre d'Arlecchino,
con le situazioni collegate a questo personaggio.
Ciao 2001: Tu sei molto interessato alla moda, soprattutto
musicale e lo si vede con le tue trasformazioni e la tua continua attenzione
verso ciò che accade come fenomeno anche puramente commerciale. Non è
la moda spesso un fatto negativo?
A. Camerini: Non trovo negativo esserlo. I Beatles erano
sempre alla moda, anzi hanno provocato delle mode; tutto sta a vederla in questa
proiezione creativa.
Ciao 2001: Torniamo allo spettacolo; come si presenterà
visivamente?
A. Camerini: Ci sono delle "gag di arlecchino, tipiche del
personaggio. Diventa uno spettacolo molto teatrale.
Ciao 2001: Tu hai frequentato qualche scuola di teatro
o di mimo, visto che sei così interessato all'immagine?
A. Camerini: Ha fatto la scuola di "Quelli di Goock" con
i quali sono stato due anni. Ho imparato molte cose sul piano teatrale e della
mimica.
Ciao 2001: Ritieni che le canzoni di "Tempi moderni" siano
più facili, nel senso di orecchiabili, dei tuoi precedenti lavori?
A. Camerini: Non sono pezzi molto lunghi, Visto che sono
dodici, quindi più sintetici. Senz'altro ho cercato di dare maggiore
comunicativa, senza però tralasciare un tema che può essere interessante
e che puoi trasmettere anche con facilità. Tutto sta a fare le cose con
una certa intelligenza senza cadere nella banalità per forza.
Ciao 2001: Credi ancora molto nella forza della musica
rock in genere?
A. Camerini: Io credo che a questo punto non si debba più
parlare di rock italiano o inglese o americano. Il rock è un linguaggio
universale che ha trovato il suo collocamento in diverse situazioni. Io credo,
e lo ripeto, in un rock italiano, che riesca a trasmettere qualcosa della nostra
cultura pur parlando con una chitarra elettrica o un sintetizzatore.
Ciao 2001: Tu ti senti un Arlecchino moderno, ma non credi
di chiuderti così in un tuo spazio e basta?
A. Camerini: No, perché non è un Arlecchino
muto o sordo; è un arlecchino che sta molto attento a ciò che
gli accade attorno.
Ragazza In n. 47
UN ROBOT ALLA CONQUISTA DEL SUCCESSO
Sacerdote indiscusso del rock elettronico made in Italy, genere musicale che ritiene l'unico valido e che meriti di essere seguito e animato, Alberto Camerini dichiara di aver avuto anche un altro punto ben fisso: l'assoluta necessità di mutare aspetto a ogni incontro con il suo pubblico. Questo per una sorta di stravaganza che in un certo senso lo accomuna al suo personaggio preferito: Arlecchino. Infatti, come il famoso, simpatico, intrigante servitore veneziano, Alberto ama richiamare, nel suo già inusitato abbigliamento, il motivo coloratissimo e romboidale caratteristico della più famosa maschera italiana. E non soltanto perché amante della policromia, ma soprattutto perché vede in Arlecchino l'individuo realmente a suo agio tanto nella "commedia dell'arte" quanto nella società elettronica dei nostri giorni. Come cantante e showman, Alberto Camerini è nato cinque anni fa. Ma nel grande giro è entrato in pratica soltanto quest'anno, dal giorno della sua partecipazione all'ultima rassegna di Saint Vincent dove, ostentando una pirotecnica acconciatura a cresta di gallo, ha presentato "Rock'n'roll robot", il brano che gli ha fornito il biglietto d'ingresso per la popolarità. Da quel giorno, per il robot - Arlecchino è stato tutto facile e dopo i lunghi anni trascorsi a limare il suo personaggio e a tentare di imporlo, l'ha avuta finalmente vinta. Il gran numero di serate e di dischi venduti ne è la prova più evidente. Con "Non devi piangere" poi, presentato in occasione dell'ultima Mostra Internazionale di Venezia - e giocando come Arlecchino praticamente in casa - ha posto una seria ipoteca sulle posizioni di testa della hit parade. Trent'anni, milanese d'origine, Alberto è nato nella città più italiana del Brasile, San Paolo, la metropoli sudamericana dove la famiglia paterna si era trasferita poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. A San Paolo, fra le spiagge assolate, i ritmi scatenati e l'inebriante aria tropicale, ha vissuto undici anni rientrando a Milano quando i suoi, dopo la fortunata esperienza brasiliana, decisero di continuare in patria l'attività intrapresa da quelle parti. Diploma di maturità classica, un paio d'anni di Architettura quindi uno di lettere e uno di filosofia senza però trovare la strada giusta. Ma nel frattempo si era accostato al mondo dello spettacolo grazie al padre che aveva aperto uno studio di produzioni cinematografiche e televisive. Si compra una chitarra, impara a suonarla, poi si iscrive a una scuola di mimica che si rifà all'arte inimitabile di Grock, il grande mimo e clown svizzero. Soprattutto quest'ultima esperienza gli torna utile quando comincia a delineare la sua creazione, quell'Arlecchino versione moderna con il quale si identifica e con il quale ha conquistato il faticato posto al sole nell'ambito del nostro panorama musicale.
Alberto Camerini non vanta un posto nell'almanacco del Gotha italiano ma, personaggio disinvolto e spiritoso, si è dato una nobiltà tutta sua della quale beneficia anche sua figlia. Valentina può sfoggiare così una lunga serie di nomi che suonano: Delicious, Livia, Maria, De Luxe, Camerini, duchessa de Carnevalis. Solo così può reggere il confronto con il padre che annienterebbe anche un principe bizantino con i suoi titoli di: duca de Carnevalis, conte di Marmellata, re dei Sambisti - Punkisti - Elettronici - Minimalisti, re della Repubblica di Banana, imperatore delle Lune di Saturno, dei Maccheroni e della Luna.
Alberto, la moglie Elena - sposata un anno fa - e la piccola Valentina di quattro mesi, formano un affiatatissimo e un unitissimo terzetto anche quando l'artista di casa è in tour. Moglie e figlia, infatti, lo seguono dappertutto; Valentina come mascotte e hobby paterno (è lo stesso papà che si diverte con le sue pappe e i suoi poppatoi), e Elena quale consigliera personale, amministratrice e esecutrice materiale dei pirotecnici trucchi che il cantante - mimo ha ideato per sé sotto la supervisione dello stilista - rock Massimo. Uno di questi, per esempio, lo vede sfoggiare un occhio al limone e le labbra affogate in un oceano di verde, sullo sfondo del volto tradizionalmente dipinto di bianco.
PASSAPORTO
Nome: Alberto
Cognome: Camerini
Nato a: San Paolo del Brasile
Data: 16 Maggio 1951
Altezza: 1.69
Peso: 55 chili
Capelli: castano scuro, mesciati di rosso, giallo, verde
Occhi: marrone
Studi: maturità classica
Stato civile: sposato
Hobby: preparare la pappa a sua figlia, Valentina, di 4 mesi.
OROSCOPO
Da buon toro qual è Alberto Camerini è dotato di grande fascino
sia nella persona, minuta e dai lineamenti perfetti, sia nei modi, sempre gentili
e calibrati. Amante del ballo e della tavola raffinata, l'interprete del rock
elettronico è molto attaccato alla famiglia, per la quale è disposto
a qualsiasi sacrificio. Per questo, e anche perché fondamentalmente romantico,
l'avventura non lo interessa;
Le esibizioni di Alberto, che di solito hanno per cornice l'ambiente già particolare delle discoteche, durano quasi due ore e filano via rapide e divertenti sia per il genere musicale che offrono sia per il modo personalissimo di cucire un brano all'altro dell'interprete nato in Brasile. In pratica, quando non canta Camerini recita e i suoi monologhi sono sottolineati dalle movenze rapide e scattanti del suo Arlecchino. Quindi rock, danza, mimica e recitazione; il tutto per lanciare al pubblico il suo messaggio. Il rock elettronico come la "commedia dell'arte", cioè un modo libero, naturale e spontaneo di comunicare al prossimo le proprie esperienze e le proprie sensazioni.
Tutto Musica & Spettacolo 1980
IL PIANTO L'ALLEGRIA E LA FAME ANTICA
CANTANTE, AUTORE, MIMO E BALLERINO. ALBERTO SI È CALATO NEI PANNI MULTICOLORI
DELLA PIU POPOLARE MASCHERA ITALIANA: ARLECCHINO. MA NON È SOLTANTO UNA SCELTA
DI IMMAGINE. CAMERINI RIVIVE IN ARLECCHINO LA CONDIZIONE UMANA E IN PARTICOLARE
QUELLA DELL'ARTISTA.
di Gherardo Gentili
Con Alberto si
recita a soggetto. Un canovaccio e via. Se è in vena, la recita procede veloce
e brillante; se non lo è, va avanti a fatica, tra lazzi sberleffi e frasi fatte.
Camerini è in vena. racconta la sua storia, divagando quel che basta, farcendola
di parole storpiate, storpiando fatti e personaggi, senza alterarli.
«Sono sempre stato commestibile. Non ho mai patito la fame,
ma il problema mi assilla. Fame di tutto, non solo di cibo."Pane quotidiano"
si intitolava la prima canzone, uscita nel '76. E l'album era: "Cenerentola
e il pane quotidiano". Poi nel '77 è venuto: "Gelato metropolitano",
seguito da un LP. Altri appetiti si intrecciavano e quello di pane, gelato e
giustizia: "Il diavolo in corpo", ispirato al libro "Alice e
il diavolo" edito da Radio Alice. Era il tempo degli indiani metropolitani.
Poi è venuto "Bambulè", favola di un ragazzo vanitoso come un pavone.
Bambulè vuol dire bambolotto, ma è acnhe un auguri, una specie di "prosit"
quando si accende lo spinello».
Hai spinellato parecchio nei tuoi verdi anni?
«Non mi sono tirato indietro. Appartenevo alla generazione
post-sessantotto. E cercavo in qualche modo di trovare una identità. "Comici
cosmetici", uscito nel '78, la dice lunga a questo proposito. Titoli significativi:
"Neurox", "Clown elettronico", "Siamo tanti" e
soprattutto "Macondo"».
Poi sei sparito. Chi ti pensava "fatto"; chi
diceva che eri andato a disintossicarti.
No, stavo litigando con quelli della Cramps, la casa discografica.
Ci fu una lite con Gigi Noia che sfoderò il suo miglior stile d'ita fredda e
silenziosa. Sassi, l'altro socio, tramò intanto di vendermi come schiavo alla
Polygram. Ma io non "firmetti" e risposi picche. La cas era in pieno
"boom" Bee Gees. Ma io "dicetti" di no. Era il 28 febbraio,
un martedì grasso. E così per un anno rimasi fermo, limitandomi ai Festival
dell'Unità».
Come mai ti sei guastato con la Cramps?
«Perché alla Cramps facevano il bello e il cattivo tempo
la maga Finardi e il santone Rocchi. Quello che dicevano loro era Vangelo. Rocchi
adesso è in India a fare l'arancione, cioé il monaco buddista rapato a zero
con il codino e il saio color zafferano. Ma Finardi imperversa ancora, sia pure
sotto una nuova etichetta».
Via, lo sanno tutti che tra te e Eugenio c'è un rapporto
Odio-amore...
«Bo', se lo dite voi... Comunque non lo nego: ci amiamo.
E quando ci si ama, si sparla...».
Come ti sei liberato dalla Cramps?
«Ho fatto intervenire mio padre. Tanto ha detto e tanto ha
fatto che a un certo punto gli hanno urlato: "Basta, si prenda suo figlio
e non ci rompa più le balle!". L'1 gennaio 1980 facevo il mio ingresso
alla CBS, grazie a Valentino Maggioni e a Fabrizio Intra. Arlecchino servitore
di due padroni...».
Quando hai cominciato ad arlecchinare?
«Dalla nascita. Arlecchino-Colombina. Un binomio che mi perseguita.
Roberto Colombo, detto Capitan Moog, è il mio produttore. La CBS significa Columbia
Broadcsting System. Quando mi sono sposato sono andato in viaggio di nozze in
America, sulle orme di Cristoforo Colombo...».
Di tutti i Colombi e le Colombine ci interessa Roberto.
Vi conoscete da tanto?
«Siamo stati compagni di banco al Liceo Beccaria di Milano.
Era così scatenato e faceva tali casini che rischiavo di esserne travolto. Poi
Roberto fu respinto per la condotta e dovette ripetere l'anno. Ma non smise
di scatenarsi. La sua aula era al piano di sopra. E lui mi inviava messaggi
calando una scarpa dalla finestra. Assieme abbiamo fatto parte di complessini
studenteschi. Poi io ho formato un duo con Donatella Bardi, oggi sposata e madre.
Fu il mio primo grande amore. Infine ho fatto parte di un supergruppo che si
chiamava "Il Pacco" e comprendeva me, Pepé Gagliardi, Ezio Malgrati,
Ricky Belloni, Lucio Fabbri. Gente in gamba, oggi super-riuscita. Avevamo un
camioncino arancione che piaceva tanto a Finardi. Si aggregò anche lui, sperando
di fregarcelo...».
E dalli con Eugenio!
«Che posso farci, gli piaceva davvero. Frattanto, mi ero
iscritto all'università. E suonavo, suonavo per cavarmela da solo. Nelle balere
con i Gattopardi, nell'LP "Volo magico" con Rocchi; all'Ariston, chitarrista
con il maestro Guarnieri. Bei tempi. Ho fatto le ritmiche per la anoni, Anna
Identici e Fausto Leali. Ricordo che nel Sud la gente urlava: "Fausto,
facce 'A chi'!". E finalmente nel '74 ho incontrato la vita...».
Che vita?
«Ma sì, Lei, la Strambelli, Nicoletta, Patty Pravo! Facevo
parte di un gruppo che l'accompagnava: Cameroski, cioè io, Cuffari, Colombo,
Mompelio detto Pompelio, e Gigi Belloni, il gemello di Ricky".
Sei stato anche tu innamorato di Patty?
«E come no? Ma era il periodo di Riccardo Fogli, niente da
fare. Poi mi sbatterono fuori dal gruppo perché suonavo con una tonalità troppo
alta- Così nel '75 approdavo all'Ultima Spiaggia di Nanni Ricordi e successivamente,
visto che Nanni non mi filava, alla Cramps».
Ma Arlecchino?
«Arlecchino viene di lì, dalla "fame" che ho patito
alla Cramps, dalla scuola di mimo che ho frequentato, dai libri che ho letto,
e dalle esperienze di vita. Il mio non è un Arlecchino archeologico. Arlecchino
non è morto, ma continua a vivere. È il servo, l'affamato, l'immigrato. Nel
gesto, nella mimica gli italiani si riconoscono in lui, ridono, applaudono.
L'Arlecchino d'oggi non può essere che rock. Io lo rivivo così. Il rock è il
nostro teatro popolare, la nostra Commedia dell'arte».
Arlecchino anche in "Rudy e Rita"?
«Sì, perché è una storia d'amore. Una facciata è rock, l'altra
è favola. Solo che la favola è rock e il rock è favola. Le favole sono "Miele",
"Pennarello e Melaverde", "Pupazzo", "Quando è carnevale":
addirittura una barcarola veneziana del '700. Si passa dai bassifondi della
metropoli di "Rock 'n' roll robot" e di "Tiger Beat" al
ristorante di Ricciolina. E qui Arlecchino trova lavoro in cucina e finalmente...
mangia!».
Sorrisi e Canzoni TV, 1982
È ARLECCHINO ANCHE IN CASA
La vecchia e cara maschera è stata trasformata in un allegro robot-clown
dei nostri tempi: è questa la proposta per l'estate
musicale di Alberto Camerini, che concorre alla rassegna con il brano «Tanz
Bambolina». Personaggio fantasioso e imprevedibile, il cantautore milanese
si comporta con amici e familiari come sulla scena
di Fabio Santini
Alberto Camerini torna sul mercato discografico
con un nuovo album: una valanga di suoni computerizzati ma guidati dal cuore
e dall'istinto, un'idea musicale ispirata ad una delle tante commedie dell'arte
che hanno caratterizzato il Settecento.
II cantautore milanese libera l'immaginazione ai colori e agli impulsi della
sua poesia sonora. Al centro l'immancabile Arlecchino trasportato ai nostri
giorni con la sua vita, le sue ansie, i suoi amori, le sue aspirazioni. Una
forma di lettura autobiografica in
sostanza. Camerini parla un linguaggio carnevalesco, fatto di termini talvolta
eccessivi altre volte simbolici che richiamano una cultura, quella popolare
del 18° secolo, che ha saputo trasmettere al suo personaggio di «Arlecchino
tecnologico».
«Leggo moltissimi testi che parlano di quel periodo. sono interessato
a tutti gli autori che hanno fatto arte popolare, raccolgo quante più informazioni
posso, battendo il territorio della commedia. Anche nella vita privata ormai
mi viene naturale continuare il ruolo che ho assunto sul palcoscenico».
Questo avviene anche in famiglia?
«Certo. Valentina, mia figlia, ha un anno. E io gioco con lei con i suoi
tre Arlecchini di plastica variopinta, con i suoi Pierrot di pelouche, con i
suoi pinguini di gomma. Li metto insieme e creo delle storie surreali, ma con
un loro preciso canovaccio e un'identità per ogni personaggio. Io sono
il burattinaio e mia figlia si diverte e partecipa»
Non coinvolgi Valentina nella tua musica?
«A casa ho una piccola tastiera elettronica che comprende il suono da
batteria e altre mille combinazioni. Valentina aggredisce letteralmente la tastiera
ricavandone suoni anomali dai quali rimane affascinata».
E tua moglie la costringi alla parte di Colombina?
«Elena è una donna stupenda. Io le sto vicino quanto piu posso.
Dovendo trascorrere gran parte dcl mio tempo in tournée lei ha imparato
a guidare la nostra auto. Io, sul sedile di fianco, guardo le immapini di una
Tv a colori per automobile che mi ha regalato Venturi, il mio manager. Mi distraggo
dal viaggio, mi informo, mi diverto, assimilo messaggi. Ma guai se Elena non
mi fosse vicino».
Alberto perché ti interessa tanto la cultura del Settecento?
«Perché quello è stato un periodo in cui gli italiani offrirono
un contributo reale per lo sviluppo della musica e della cultura europea».
Anche la tua musica può dare sviluppo ad un modello europeo?
«Io penso di sì. Vedi, un discorso è quello del folk popolare
di gente come Roberto De Simone, la Nuova Compagnia di Canto Popolare ei gruppi
di quel genere; e un discorso invece è quello di Arlecchino che rivive
oggi, accerchiato da mille tastiere, computerizzato ma guidate dall'uomo».
Ma perché proprio Arlecchino?
«Perché una maschera che sa sempre reinventarsi, è sempre vivo.
Oggi non può avere al suo fianco soltanto la musica di Vivaldi. Negli
Anni '80, come in tutti i tempi, può rivivere con un repertorio nuovo».
Come mai l'età media di chi compra i tuoi dischi si aggira sui 14-15
anni?
«Perché io comunico con semplicità e fantasia. E loro apprezzano
un humour immediato come quello di "Tanz Bamboiina", il brano che
porto al Festivalbar. Quelli dai 15 ai 30 vengono ai concerti ma comprano pochi
dischi italiani...».
Come vanno i rapporti con Mr. Moog, Robi Colombo, il tuo produttore?
«Benissimo. Pensa che ancora oggi, come ai tempi della scuola, se abbiamo
qualche messaggio da comunicarci in linguaggio cifrato, ce lo spediamo con una
scarpa appesa a un filo».
E' vero che di recente hai querelato un giornalista?
«Si è vero. Io sono stempiato e perdo molti capelli ma non ho mai
usato parrucche come si insinuava nell'articolo incriminato».
Alberto, pensi che un giorno Arlecchino soffocherà sotto il peso
della tecnologia?
«Arlecchino è un attore che non morirà mai. I suoi personaggi
sono il facchino, il cameriere e la gente di tutti i giorni. Una volta era il
Mick Jagger alla corte del Re di Francia. Oggi potrebbe essere chiunque».
Tutto Musica & Spettacolo, 1982
ARLECCHINO ELETTRONICO EDUCATO DALL'AMORE
"ROCKMANTICO", IL NUOVO ALBUM DI ALBERTO, APPROFONDISCE E PORTA
ANCORA PIU' IN LA' IL TEMA A LUI CARO DELLA COMMEDIA DELL'ARTE E DELLA ARCIFAMOSA
MASCHERA ITALIANA. OGGI NON SI CAPISCE PIU' SE ABBIAMO DI FRONTE UN CAMERINI
MASCHERATO DA ARLECCHINO O UN ARLECCHINO TRAVESTITO DA ALBERTO CAMERINI. SI
VA DALLE SEICENTESCHE BARUFFE DEI COMICI ITALIANI CON IL RE DI FRANCIA ALL'EPOCA
ATTUALE. ARLECCHINO CANTA, SUONA E BALLA IL ROCK, SI DESTREGGIA TRA LE DIAVOLERIE
ELETTRONICHE E LANCIA UN PATETICO MESSAGGIO AI REGISTI CINEMATOGRAFICI DI MEZZO
MONDO.
di Fausto Pirito
Udite udite! Arlecchino è
impazzito! Il poveretto va farneticando e affida ai quaatro venti questo messaggio:
«Registi di tutto il mondo. Svegliatevi! Avete di fronte il più
grande Arlecchino del momento, il vero Arlecchino, l'anima di Arlecchino e non
ve ne siete accorti?! Ma, badate bene: a me interessando solo i registi cinematografici.
Io sono Arlecchino anno 1982 e il teatro è roba che poteva andar bene
nel XVIII° secolo... Dunque, cari registi, fatevi avanti. Io intanto mi
sto preparando, conosco bene la Storia e vi aspetto!».
Il messaggio lo abbiamo raccolto durante un incontro notturno, avvenuto a Roma,
con Arlecchino-Alberto Camerini. Ma, sarà stato per l'ora tarda oppure
per carattere, a un certo punto non vedevamo più bene se il personaggio
che avevamo di fronte era Alberto mascherato da Arlecchino, o Arlecchino travestito
da Alberto.
Torniamo con i piedi sulla terra. Sapete che cosa abbiamo scoperto? Abbiamo
scoperto che il nostro Arlecchino-robot è un vero bugiardo. Sì,
a lui interessa il cinema, ma non per questo butta alle ortiche la tradizione
della maschera. Anzi, Camerini si è immedesimato a tal punto nell'amico
Arlecchino che, per l'ultimo album ("Rockmantico") è andato
a rispolverare addirittura un periodo della Commedia dell'Arte poco valorizzato,
proprio quel XVIII secolo che aveva visto i comici italiani ospiti di Sua Maestà
il Re di Francia.
Alberto, come nasce il tuo nuovo 33 giri?
«Nasce sulla strada, durante i concerti, tenendo costantemente presenti
le esigenze del pubblico. Nasce anche guardando il Carnevale in Tv e ascoltando
tanta musica di Vivaldi. Nasce infine dai miei studi sulla Commedia dell'Arte.
In questo senzo, ho preso spunto da un atto unico di Mariveaux: "Arlecchino
educato dall'amore", rappresentato dalla compagnia del modenese Luigi Riccoboni
(Arlecchino Tommasino), nel 1720 a Parigi. La mia operazione è il recupero
"archeologico" di una delle mille facce di Arlecchino, a beneficio
dei bambini che guardano la televisione. In "Rockmantico" non troveranno
Arlecchino buffone, straccione, diabolico, pericoloso e morto di fame. No, questo
è un Arlecchino elettronico educato dall'amore, ricco di senso di responsabilità
civile, più profondo, e non più diavolo. Quello che mi interessa
far sapere è che i commedianti italiani del '700 hanno contribuito alla
nascita di una parte, anche se "modesta", della cultura francese dell'epoca.
Arlecchino, ultimo degli sciocchi, ma proprio ultimo, cioè il meno sciocco di
tutti, aveva avuto l'onoro di essere richiamato da Sua Maestà in persona,
dopo che alla fine del '600 i comici italiani erano stati schiacciati dalla
Francia. E Arlecchino si presenta a corte non più da buffone, sconcertando
tutti. Infatti, era diventato molto, molto dolce e tutto rosa, il colore del
pudore. Comunque Arlecchino è una maschera inesauribile e chissà
cosa potrà ancora inventare. Mi piacerebbe riviverlo trasparente, come
la verginità, giallo, come la gelosia; nero, come la furia; rosso come
il cuore umano... che non è di metallo».
Alberto, qual'è la struttura di "Rockmantico"?
«Be', il disco si compone di due facciate... A parte gli scherzi, il lato
A (dove ci sono: "Telex", "Maccheroni elettronici", "Stai
con me", "Mr. Rock" e "Fanatico di rock'n'roll") lo
definirei la parte maschile dell'ellepì e si riallaccia un po' alla dimensione
di Arlecchino rock'n'roll superstar. Per esempio "Telex" è
un messaggio disperato al vero telex della mia casa discografica. In "Maccheroni
elettronici", invece, vi accompagno nel ristorante di Arlecchino dove potete
trovare piatti come mafia, camorra, terrorismo... insomma un fritto misto. Ma
la vera sintesi dell'album sta nel pezzo di apertura della seconda facciata:
"Tanz bambolina" (che si sviluppa poi al femminile con "Arlecchino
educato dall'amore", "C'è un giardino", "Mon ami",
"Proprio tu" e infine "Questo amore"). "Tanz bambolina"
è una vera danza elettronica che Arlecchino vorrebbe ballare con l'Europa.
Ogni frase è un linguaggio europeo fatto di mille colori. Certo che questa
mia operazione linguistica la definirei perlomeno audace, un'operazione che
oggi si può permettere solo l'ottimo Battiato. Comunque il vostro "bell'imbecille"
ci prova e il mio sforzo tende a salvare quel po' di cultura popolare italiana
che è rimasta in questi moderni tempi di assoluta decadenza».
Ma è vero che il brano è permeato da un'atmosfera mitteleuropea?
"Nooo! Nooo! Nooo! La dimensione mitteleuropea è cupa, decadente,
autodistruttiva. Io, invece, sono un sudeuropeo, un "maccheroni della pianura
padana", sono un nordico di seconda categoria sempre pronto a servire e
divertire il pubblico".
Che significato ha l'elettronica nella musica che produci?
"L'elettronica per me è la possibilità di creare con
più facilità una musica popolare attuale. La tecnologia, insomma,
apre le porte alla creatività. Oggi, anche un bambino, se vuole, può
fare musica come la mia".
Che tipo di messaggio lanci con i tuoi testi?
" Il messaggio è questo: facciamo canzoni italiane con un linguaggio
internazionale, ma senza perdere la nostra identità. E io ho scelto di
usare una lingua maccheronico-europea".
Quanto ha influito l'opera di Vivaldi sul tuo lavoro?
"Molto, Pensa che, nella seconda parte dell'album, in un constesto
vagamente vivaldiano ho inserito riferimenti al più grande compositore
e organista francese del 700: Jean-Philippe Rameau".
In sala d'incisione sei molto preciso, quasi pignolo. Perché?
"Perché sono un serio professionista, ai limiti del fanatismo. Se
non avessi frequentato il liceo classico, direi che sono un tipo scientifico...
Comunque, anche per questo LP, se in sala non avessi avuto al fianco l'amico
Roberto Colombo, mio produttore, non ce l'avrei mai fatta".
Cosa rappresenta per te un produttore discografico?
"Superman che viene a salvarmi
Ragazza In n. 23, 7 Giugno 1983
UN ARLECCHINO CHE FA I CAPRICCI COL COMPUTER
Dallo scorso
autunno sei ricomparso solo da poco. Cosa hai fatto per tutto questo tempo?
"Ho avuto l'esaurimento nervoso. A gennaio sono stato
in una clinica svizzera e ne sono uscito conciato peggio di prima. Comunque
le attrezzature che ho visto lì dentro hanno ispirato il mio nuovo pezzo, 'Computer
capriccio'...".
E che vuol dire? Che il computer fa i capricci
nel senso che va in tilt?
"Ma allora non conosci i computers! Io parlo delle infinite
possibilità che offre un 'mostro' del genere se uno lo programma per fargli
fare i 'capricci'...".
Ma non potresti essere meno ermetico?
"E va bene. Nel '700 i capricci li faceva Paganini con
il violino. Ora ne ho fatto uno io con il computer...".
Comunque rimani Arlecchino, anche se qualcuno dice
che stai vivendo il tuo momento da Robin Hood...
"Cavolate. Sono e sarò sempre Arlecchino, col solo dubbio
se avere la testa bionda o bicolore".
Quale versione preferisci?
"Senz'altro la bicolore. Perché i tedeschi che ce l'hanno
bicolore sono molto più rock che nel sud".
Perché piaci alle ragazzine?
"Perché loro piacciono a me".
E ai ragazzini?
"Perché vorrebbero essere rocker. Aggressivi. Come me".
Dopo la Svizzera e 'Computer capriccio' che altro
hai fatto?
"Ho festeggiato il Carnevale a Venezia. Come si addice
a un vero Arlecchino e anche ad uno che è nato in Brasile. Difatti sono di S.
Paolo.
Questo a febbraio. Poi?
"Di nuovo in sala di registrazione per il prossimo long
playing. E, finalmente, ad agosto me ne andrò in tournée".
IL SUO PIÙ GRANDE AMORE
Alberto è padre di una bambina di due anni che si chiama Valentina, Livia ,
Maria ma che, a seconda degli stati d'animo lui chiama in modo diverso. Coriandolina,
Diamantina o Didi Delicious. Bionda, occhi azzurri, nasino all'insù, Valentina
è letteralmente la passione di suo padre che, da buon megalomane qual'è, per
lei pronostica un futuro hollywoodiano. Spesso, per non allontanarsi troppo
da lei, Camerini se la porta dietro anche quando va in tournée.
E IL CINEMA?
Un passato di attore teatrale e di mimo, Alberto ha recentemente rifiutato un
paio di proposte cinematografiche giudicandole poco adatte al suo personaggio.
Comunque per restare nell'ambiente, lui che è figlio di un produttore di shorts
pubblicitari e fratello di un regista di cortometraggi e che quindi di cinema
ne sanno qualcosa, ha in mente di scrivere una sceneggiatura per un film musicale.
E sempre in tema, precisa che non è lui ma un sosia, la figura che appare in
una serie di spots reclamizzanti alcuni grandi magazzini.
IL NUOVO L.P.
In questi giorni Alberto Camerini è in sala d'incisione per il suo prossimo
LP, naturalmente a base di rock elettronico. Sono con lui i Tapes, la sua formazione
di sempre composta da Sergio Pescara (batterista, il più simpatico, che al termine
di ogni concerto viene messo in palio tra le fans), Fulvio Massi (bassista),
Roberto Rossi (tastierista, uno che viene dal conservatorio e che fa musica
disco sotto mentite spoglie), Roberto Di Santo (chitarrista, patito di bob a
4), Giuseppe Cancelliere (chitarrista, detto Joazinho perché ha il debole del
pallone).
UN PUPAZZETTO CON GLI OCCHI GRANDI
Alberto non si è mai preoccupato troppo del suo apparente aspetto di ambiguo.
"Perché più che ambiguo", dice lui, "il mio è un aspetto infantile,
da pupazzetto. E i pupazzetti, si sa, hanno gli occhi grandi e belli come i
miei, il nasino all'insù, il corpo dinoccolato e filiforme e i capelli indescrivibili,
come i miei. Però anche se non sono uno di loro, i gay mi stanno simpatici perché
dicono che sono carino e anche bravo."
IL SUO PORTAFORTUNA
Il pezzo di stoffa multicolore che Alberto appoggia con noncuranza sul braccio
o sulla spalla e che potrebbe sembrare un foulard, è in realtà la maglietta
che indossava ai tempi di 'Tanz bambolina', il suo primo successo. Un capo d'abbigliamento
a rombi di tutti i colori, che gli ha tenuto compagnia tre anni fa per ben 180
concerti e che ora Alberto sfoggia come portafortuna ufficiale.
IL SUO HOBBY PREFERITO
Il passatempo numero uno di Alberto è la cucina. I suoi piatti capolavoro sono
il 'risotto arcobaleno', gli 'spaghetti rock a billy' e i 'maccheroni alla Baglioni'.
Del primo è facile intuire il perché del nome (viene ovviamente dai colori che
compongono il piatto e che sono quelli della tuta di Arlecchino), del secondo
anche, in omaggio alla sua passione per il rock, e in quanto al terzo è per
un fatto di date di nascita. Tanto lui che Claudio Baglioni, infatti, sono nati
il 16 maggio, sotto il segno del Toro.
Ciao 2001, 1983
ALBERTO CAMERINI: Torno sui miei passi
Camerini Alberto minacciamo di legarlo alla sedia
se non si da pace e ne concede al minimo a noi stessi che gli dobbiamo parlare.
Scongiurato uno capogiro e bloccato il ragazzo dal ciuffone canarino tanto da
guardarlo negli occhi... (ma quelli non li vediamo proprio perché coperti
dal ciuffo...).
- Va beh - esordiamo - t'abbiamo visto a Discoring meno melodrammatico
del solito e invece più decisamente rock sia di chitarra che di saltelli
che di sound complessivo: roba che da un momento all'altro ci aspettavamo di
vederti misurare il palco con la chitarra bassa e il passo d'anitra...
«Bravo! Son contento che hai colto questa mia nuova propensione e queste
sfumature del mio essere Arlecchino nel 1983, sempre elettronico, certo, ma
più rock elettrico chitarrista e meno colorato!».
- Insomma Alberto: come dire che, non potendo deviare d'un botto pet non
scontentare i tuoi fan, stai per fare una deviazione larga, tornare sui tuoi
passi antichi e riaprire una fase meno colorata ma più corposa e sanguigna..
«Ma no, no che non sono deviazioni né ritorni, oppure anche...
ma mica ne so niente io! Io so che sempre con Colombo al fianco, ma questa volta
in modo un po' più discreto, in mezzo alle OBX, a effetti di Vocoder
e tutte quelle robe precise fredde e meravigliose del futuro, mi sono accorto
che avevo di nuovo voglia, tanta voglia di inventare assoli sulle mie vecchie
sei corde; mi sono accorto che il mio amore fisico per il rock (più quello
americano che quello inglese), stava esplodendo tranquillamente, e che cantavo
più forte, gridavo quasi!».
- E pensavi a Finardi di nuovo e al vostro rock metropolitano, e all'energia
vitale libera e spontanea di quegli anni...
«Non ti seguo mica sai, sulla sua strada tutta trabocchetti classici da
critico che ha passato gli "enta"! Me n'hanno
già dette e fatte dire di tutti i colori tutte le volte che vi son venuto
appresso... basta col passato, si cambia, si cambia e poi ancora e ancora, e
meno male che c'è qualcuno che ne ha il coraggio e che ogni volta rischia
il tutto per tutto per guardare avanti! Pensa se io da quella fase filastrocchesca
un po' carioca del '76 avessi avuto un'evoluzione lenta e naturale: visto che
si
trattava di samba-rock, sarei finito un po' alla volta funky e ci sarei rimasto
a vita! Oh. Allora, visto che invece, radici
brasiliane a parte, io sono uno che da piccolo s'è girato il mondo sacco
a pelo in spalla per seguire il gran giro rock tanta era la mia passione per
i grandi chitarristi della "prima ondata"... E allora mi permetterete
spero, visto che "dare ho dato", di sperimentare tutte le vie, cosi
modestamente, nonostante l'esteriorità colorata, finché nel mio
piccolo non abbia dato una manina anch'io ad un suono nuovo; un suono che magari
abbia in se i segreti elettronici e spaziali del futuro, la grande tradizione
melodrammatica e melodica del nostro passato e il buon rock d'oltreoceano!».
- Vogliamo finire dicendo che allora questo 45 giri, rispetto a "Tanz
Bambolina" segna una svolta rock chitarristica classica nell'essere maschera
moderna di Alberto Camerini "italian kid"?
«Mi sembra appropriata come diagnosi!».
- E un'altra cosa Alberto: perché dopo aver studiato a fondo il nostro
passato ed aver evocato vite e da te la tua maschera... non provi a metterti
su il tuo teatrino e ti togli la voglia, tu, mimo, ed ex attore, di farti la
tua "operina rock"?
«Forse perché non ho una lira, essendomi comprata casa e messa
su famiglia. Vedremo, un giorno o l'altro...».
E. B.